Israele: “Più duri contro Hezbollah”. Scontro sulla leva degli ultraortodossi

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Due questioni urgenti, più urgenti anche della campagna militare su Gaza – che nonostante i combattimenti ancora in corso, sembra entrata in una fase di stallo – occuperanno le menti e le agende dei ministri del governo Netanyahu in questa giornata di shabbat. La prima è esterna: il fronte Nord, quello che dà sul Libano e sconfina fino in Siria. Dove negli ultimi giorni l’attività militare iniziata immediatamente dopo la strage di Hamas del 7 ottobre si è intensificata. La seconda è tutta interna, con l’esenzione della leva per gli ultraortodossi che, salvo cambiamenti dell’ultimo minuto, scadrà domani, rischiando di far cadere il governo senza che all’orizzonte si veda una possibilità di accordo.

Dal punto di vista militare, ad alzare l’asticella ieri è stato il ministro della Difesa Yoav Gallant in una visita al fronte. Gallant non ha rivendicato l’attacco nella zona di Aleppo che nella notte fra giovedì e venerdì ha fatto 44 morti, tra cui alcuni membri di Hezbollah, ma ha assicurato che lo Stato ebraico «amplierà la campagna e aumenterà il tasso di attacchi nel Nord». «Israele sta passando dalla difesa al perseguimento di Hezbollah, arriveremo ovunque operi l’organizzazione, a Beirut, Damasco e in luoghi più distanti», ha affermato. Oltre all’attacco ad Aleppo, nelle ultime ore il vice comandante dell’unità missili di Hezbollah, Ali Abed Akhsan Naim, è stato ucciso in un raid con un drone nella zona di Tiro, nel sud del Libano.

Gallant è il protagonista anche dell’altra crisi del momento, quella sull’esenzione dal servizio militare degli ultraortodossi, agli sgoccioli finali dopo mesi di tensioni più o meno sotterranee. È nella sua qualità di ministro della Difesa infatti che ha presentato un progetto che prevede la progressiva inclusione nelle Forze armate dei membri della comunità. Un progetto che rischia di far cadere il già fragilissimo governo di Benjamin Netanyahu, che si basa sul sostegno di due partiti ultraortodossi: i quali si oppongono a qualunque ipotesi di leva.

La crisi va avanti dal 2017, quando la Corte suprema per la prima volta ha dichiarato incostituzionale l’esenzione: a lungo l’eccezione è stata comunque rinnovata in modo provvisorio dai vari governi, ma ora è arrivata una scadenza che pare definitiva. La Corte giovedì sera ha emesso una sentenza che impedisce al governo di finanziare, a partire dal 1 aprile, gli stipendi mensili di migliaia di allievi dei collegi rabbinici.

Le esenzioni offerte alla comunità haredi (ultraortodossa) risalgono alla nascita dello Stato di Israele nel 1948, quando il primo ministro David Ben Gurion, esentò circa 400 studenti affinché potessero dedicarsi agli studi religiosi. Lo scopo era mantenere in vita la conoscenza sacra quasi cancellata dall’Olocausto. Da allora, sono diventate un grattacapo per ognuno dei successori: gli ultraortodossi costituiscono più del 13% della popolazione, una percentuale che secondo alcune stime dovrebbe raggiungere circa un terzo nei prossimi 40 anni. Il totale degli studenti delle scuole religiose per uomini celibi e sposati (yeshiva e kollel) è di 162.391 secondo l’Israel institute for democracy. «Quindici battaglioni», secondo il leader dell’opposizione Yair Lapid, fra i massimi sostenitori della necessità di arruolare gli ultraortodossi, anche alla luce della campagna militare in corso.

La resistenza degli ultraortodossi si basa sul loro forte senso di identità religiosa: la grande maggioranza dei rabbini della comunità ritiene inoltre che il servizio militare, con la sua promiscuità fra uomini e donne, mini gli stretti principi conservatori della comunità.

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