La candidata ai vertici dell’Inps e la rissa alla sua festa di laurea tra Fazzolari e gli Autonomi

Pubblicità
Pubblicità

ROMA — “Le radici profonde non gelano”, recita una frase del Signore degli Anelli talmente cara a Giorgia Meloni da finire su t-shirt e gadget ufficiali di FdI. Più che un motto, un modo di intendere la politica, visto il legame ultratrentennale che tiene insieme una generazione di militanti cresciuta nei sottoscala delle sedi giovanili del Msi e arrivata fino ai palazzi del potere. Ne è un esempio la parabola di Valeria Vittimberga, dirigente Inps in predicato di diventare la potentissima direttrice generale dell’ente. Dietro la sua prossima promozione — all’Inps non è un segreto per nessuno — c’è uno sponsor pesante: Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, braccio destro e “ideologo” di Giorgia Meloni, che avrebbe vinto la concorrenza della sorella della premier, Arianna, che a Vittimberga preferirebbe l’attuale dg dell’Inps Lazio, Vincenzo Damato.

Quello tra Fazzolari e Vittimberga è un sodalizio che risale agli anni dell’università, rinsaldato negli spazi del Fronte della Gioventù di via Sommacampagna a Roma, sezione storica del Movimento sociale, guidata anche da Teodoro “er Pecora” Bontempo. Ora, dagli archivi dell’Unità dei primi anni ‘90 riemerge un episodio emblematico che racconta la forza di certi legami.

È il 1992, il 18 marzo: atrio della facoltà di Giurisprudenza alla Sapienza. Vittimberga sta per laurearsi (per la cronaca, il voto finale, riportato nel suo curriculum, recita 110 e lode) e a festeggiarla ci sono alcuni suoi amici del movimento “Fare fronte”, costola giovanile del Msi. Mentre lei discute la tesi, racconta l’Unità, scoppia una rissa tra i ragazzi di destra e una ventina di esponenti dell’Autonomia romana, l’ala dura del movimento del 1977, arrivata agli sgoccioli della sua esperienza (si autoscioglierà proprio quell’anno). Ad avere la peggio sono i ragazzi di Fare Fronte tra i quali il giornale del Pds annovera Giovanbattista Fazzolari, 20 anni, iscritto a Economia e commercio, Peppino Mariano, 24 anni, Roberto Mele, 22 anni. Il primo è diventato l’ombra di Meloni, il secondo — avvocato — è stato nominato da questo governo nella commissione di garanzia per gli scioperi. Il terzo è dirigente e tesoriere di FdI: «Pochi lo conoscono, molti gli devono qualcosa», scriveva di lui Meloni nella sua autobiografia. La quarta, quella che discute la tesi, entro fine maggio dovrebbe arrivare a guidare la delicata macchina dell’Inps.

La sua “scorta”, quel pomeriggio del 1992, finisce nel vicino Policlinico Umberto I con contusioni varie. A Fazzolari le botte costano la frattura di un dito della mano sinistra. Gli autonomi «erano armati — raccontano i giovani di destra — e ci hanno aggredito senza nemmeno insultarci. Avevano catene, bastoni e pugni di ferro». Opposta la versione dei coetanei di sinistra: «Quindici militanti sono stati aggrediti dagli studenti del movimento politico “Fare fronte” mentre stavano distribuendo volantini in vista di una assemblea in programma nella facoltà di Lettere». L’articolo si conclude col comunicato di Fare fronte: «Riteniamo vergognoso il comportamento di chi vuole riportare l’Italia e l’università al clima degli anni Settanta». Trent’anni dopo, gli argomenti di FdI sul clima che si respira negli atenei non sono cambiati granché. Quel gruppo di studenti sulle scale di Giurisprudenza, invece, oggi gestisce potere e impone nomine all’insegna del vecchio motto: “Le radici profonde non gelano”.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *