La prof che ha reinventato Manzoni e Leopardi per spiegare letteratura agli studenti in Dad: “Ci vuole fantasia per non lasciare nessuno indietro”

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Giacomo Leopardi conquista un profilo Facebook: “mai una gioia” è il suo status, perfetta sintesi del pessimismo cosmico 2.0, quando la siepe che preclude allo sguardo l’infinito è incarnata dalla porta di casa in pieno lockdown, dalla mascherina che si fa fatica a sopportare. Alessandro Manzoni posta tutta la sua preoccupazione per il matrimonio di Renzo e Lucia, ancora una volta da rimandare causa dpcm. “Quel ramo del lago di Como” diventa “quel ponte del Canalone” (o anche “quello svincolo della tangenziale”), quando la professoressa chiede di descrivere in stile manzoniano il proprio quartiere.

Maria Teresa Giuliani nell’ultimo anno non ha risparmiato slanci di fantasia. “Quando è cominciata la didattica a distanza avevo una quarta con venti informatici, dovevo inventare giochi e strategie per ricordare che anche nelle difficoltà esiste il bello, l’arte, la letteratura”, sorride la docente di Lettere dell’istituto tecnico Panetti Pitagora di Bari, che ha raccolto il meglio della Dad in un libro, “Meet..ici”, come testimonianza della scuola che non si arrende. E così da casa gli studenti del Panetti hanno scritto haiku ispirati al presidente Mattarella, personificato gli oggetti della nuova quotidianità domestica, raccontato le passeggiate concesse nell’isolato di casa immaginando la compagnia di Baudelaire. A un anno esatto dal primo lockdown, nell’istituto tecnico barese appena 50 studenti su 700 seguono in presenza tra i banchi: tutti gli altri – come nella media delle scuole superiori pugliesi – continuano a preferire le lezioni da remoto collegati al pc.

Professoressa Giuliani, un anno in cui i docenti si sono reinventati?
“Io continuo a imparare tanto dai miei ragazzi, che sanno sorprendermi ogni giorno nonostante le oggettive difficoltà. Anche per questo ho deciso di raccogliere il meglio dei loro lavori in due volumi (il secondo dal titolo “A spasso per la città”, ndr) nella collana della scuola, come testimonianza di quanto di importante è stato fatto”.

La priorità continua a essere una: non lasciare indietro nessuno.
“Ci siamo trovati di fronte a una nuova quotidianità, imprevedibile e inaspettata. Ci siamo riorganizzati per costruire una diversa normalità, senza perderci di vista. Abbiamo creato la nostra agorà a distanza, andando avanti col programma anche nei mesi più duri”.

L’inventiva non è mancata.
“Ho proposto qualcosa che andasse oltre la didattica cui eravamo abituati. Una serie di escamotage per rendere più appetibili le lezioni, piccoli compiti autentici per mantenere operativi i ragazzi. Partendo dalle piccole cose, come chiedere agli studenti di osservare i libri che avevano in casa, impilarli e creare coi titoli frasi di senso compiuto. O descrivere in rima i quadri che vedevano appesi alle pareti. Ci sono stati alunni che mi hanno confessato di non avere neppure un quadro o un libro, se non quelli forniti dalla scuola in comodato d’uso. E allora abbiamo trasformato gli esercizi prendendo spunto dalle fotografie di famiglia: tutti hanno partecipato come sapevano e come potevano, senza mai sottrarsi, nonostante da casa emergessero con più evidenza le differenze socioculturali del contesto”.

Il libro contiene tante sorprese.
“I tautogrammi nella giornata dedicata a Dante, gli haiku ispirati a Mattarella, la personificazione degli oggetti di casa, l’elenco di quello che ci salva la vita, come la chiacchierata con gli amici su Whatsapp la sera, quando non si poteva uscire. Proviamo a unire l’utile al dilettevole, in un’ottica laboratoriale anche se a distanza. Dopo la classica lezione frontale in video su Manzoni, per esempio, ho chiesto agli studenti di raccontare il loro quartiere in stile manzoniano. E così è nato “quel ramo della tangenziale che porta a Japigia”. I miei alunni hanno creato profili Facebook degli autori, con tanto di foto e biografie originali. Studiando Baudelaire, ho spiegato cosa fosse il flâneur. Ho invitato gli studenti, come il poeta maledetto, a descrivere la nostra città cambiata dal Covid, tirando fuori tutte le emozioni: hanno scritto che mancava la panchina sotto casa, il cortile, il piccolo bar del quartiere Libertà nelle cui vetrine ci si può specchiare e osservare il mondo, chiedendosi se è lui o siamo noi a cambiare continuamente. Pensieri e riflessioni di adolescenti, che non hanno mai smesso di sorprendermi”.

Potere della letteratura.
“Io insegno in un istituto tecnico, e sento il dovere di trascinare i miei studenti su vette sempre più alte. Devono conoscere la bellezza della filosofia, della storia dell’arte, devono sapere che la scuola c’è dove ci siamo noi, senza perdere neppure un giorno. Siamo dentro un processo trasformazionale che sta cambiando tutto, ci sta costringendo a metterci ancora una volta in gioco, facendo tesoro dei rapporti costruiti in presenza e trasferiti on line. Io, come tanti miei colleghi, ci sono sempre. I ragazzi sanno dove trovarmi, dal vivo e virtualmente”.

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