L’intervista a Franco Grillini: “Avevo il radar per i gay non dichiarati. E il Parlamento ne era pieno”

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Franco Grillini è vero che in Parlamento avevano paura di lei?

“Sì, perché in quanto gay ho il gay-radar: intercetto gli altri omosessuali. A un certo punto ne avevo contati almeno 70. Le ‘velate’ come si dice in gergo, cioè nascosti. Alcuni vennero addirittura da me a confessarsi: ‘Franco, non lo dire a nessuno, ho moglie e figli, però mi daresti qualche indirizzo di locali giusti qui a Roma?’”.

Aggressioni omofobe?

“Un leghista mi gridò: ‘Frocio!’. Un altro, si chiamava Luigi Vascon, pensando di farmi un dispetto disse nel microfono: ‘Grillina, non fare la cretina’. E io: ‘Luisella, non fare la scema tu’. Risate in aula. A volte basta una battuta per cambiare il mondo”.

Sulle liste elettorali c’era scritto: Franco Grillini detto Grillo.

“Già. Soprannome di gioventù e di militanza gay. Poi è arrivato Beppe Grillo ed è rimasto Grillini. Mi è dispiaciuto”.

Lei è la memoria vivente della rivoluzione Lgbtq+ in Italia.

“Confermo. E spero di restarlo a lungo, mieloma permettendo”.

Franco Grillini nella sua casa di Bologna (foto di Danilo Garcia Di Meo, Agf)

Franco Grillini, 69 anni appena compiuti, è così: un ricordo serio, cinquanta battute. Inarrestabile. Beffardo e gentile. A volte sentimentale. “Sarà la vecchiaia?”. Elegante, dolcevita bianco, giacca blu, spilletta Rainbow, fa strada nella piccola casa in via di San Vitale dove ogni angolo è ricordo e narrazione di oltre 40 anni di lotta per i diritti di gay, lesbiche, trans. Presidente onorario di Arcigay, nel Pdup a 19 anni, “quando pensavo ancora di essere etero”, per altri trenta milita dal Pci al Pds ai Ds, poi sinistra democratica, partito socialista sette anni alla Camera, consigliere provinciale, regionale. “Mica è finita qui”, avverte.

Franco Grillini nella sua casa di Bologna (foto di Danilo Garcia Di Meo, Agf)

In che senso Grillini? Vuole tornare a fare politica?

“E chi ha mai smesso? La militanza è una seconda pelle, non si dismette mai. Abbiamo fatto una rivoluzione gentile, come la chiamo io, non violenta, chi ha la mia età si ricorda cosa volesse dire essere omosessuali fino trenta o quarant’anni fa, la clandestinità, lo scherno, la vergogna, la gente aveva paura di perdere il lavoro, l’affitto di casa, Paola Binetti ci definì in Tv nel 2007 ‘deviati e anormali’, ma oggi i ragazzini fanno coming-out in famiglia a 15 anni. Non è una rivoluzione questa?”.

Però?

“Però abbiamo le unioni civili ma non il matrimonio egualitario, i figli delle coppie omogenitoriali non hanno diritti. L’avete sentito Barbera? O fate una legge o ci pensa la Consulta”.

Le unioni civili. Quando furono approvate, il 16 maggio del 2016, lei non era in piazza a festeggiare.

“È uno di quei ricordi che mi commuovono. Ero molto malato, combattevo il tumore già da un anno. Mi chiamarono a casa, trasmettendo la telefonata con gli altoparlanti in piazza: ‘Senza di te Franco non ce l’avremmo fatta’. Piansi davvero. Con i Pacs e poi i Dico ci avevamo provato ma senza esito. Anche le unioni civili sono passate con il voto di fiducia. Alfano che era agli Interni impose che dal testo fosse stralciato l’obbligo di fedeltà. Rispondemmo che ci aveva fatto un piacere. La Chiesa e la Destra sono sempre là, mica mollano. Pensate all’Aids”.

(Foto di Danilo Garcia Di Meo, Agf)

Si riferisce alla famosa frase del cardinal Siri: “L’Aids è un castigo divino”?

“Era rivolta a noi, ai gay, gli appestati di allora, perché era tra gli omosessuali e poi tra i tossici che la malattia si era diffusa all’inizio. Ci fu una sottovalutazione enorme, complice la Chiesa e i ministri della Sanità Dc che si rifiutavano di parlare di preservativi. Carlo Donat Cattin disse che era inutile distribuirli perché tanto poi ‘si rompevano e sbordavano’. Siamo stati al terzo posto nel mondo per numero di contagi. Al gay camp di Porto Sant’Elpidio nel 1983 tutte le lavanderie si rifiutarono di lavare le nostre lenzuola e coperte: eravamo i froci untori. Lì ci accorgemmo che stava tornando il Medioevo”.

Però, invece, i profilattici voi li distribuivate.

“La prima mitica distribuzione è avvenuta nel 1987 durante una visita di Donat Cattin a Bologna. Nevicava. Duemila preservativi regalati in due ore. Battuta del ministro rimasta storica: ‘Profilattici? Io alle signore regalo rose’. Ma è stata una tragedia”.

Quanti amici morti?

“Troppi, cinquanta forse. Ne ricordo uno: Giovanni Forti. Ho portato sulle spalle la sua bara. Era un giornalista dell’Espresso, suo nonno era Nello Rosselli. Scrisse un diario lucido e sconvolgente della sua malattia, una specie di cronaca dell’Aids. Era il 1992”.

Quanti amici vivi?

“Tutti quelli che ce l’hanno fatta a sopravvivere fino al 1996, quando sono arrivati i farmaci antiretrovirali. Lo scandalo di oggi? Muoiono di Aids cento giovani all’anno e non ne parla nessuno”.

Grillini, diceva di aver avuto un passato eterosessuale.

“Anni insieme a una mia compagna di liceo, ci volevamo sposare e fare otto figli. Poi, però ho incontrato un ragazzo”.

E cosa è accaduto?

“Niente, ho capito dove mi portava il cuore. Il sesso omo l’ho provato a 27 anni. Si chiamava Vanni. Ho fatto coming-out nel 1982. Quando a Bologna abbiamo fondato il Cassero e Arcigay, finalmente ho iniziato a vivere la mia omosessualità”.

A sua mamma Mafalda quando l’ha detto?

“Lei lo aveva sempre saputo. Era una contadina, quasi analfabeta, ma aveva capito tutto. La sua più grande gioia è stata quando mi sono laureato. In fabbrica disse a tutti: ‘Ho il figlio dottore’. Eravamo poveri ma a sei anni in campagna, a Pianoro, guidavo il trattore. Sono stato un bambino biondo e felice”.

Sta scrivendo un libro sulla politica?

“Sì, e mi diverto un mondo. Si chiamerà Sette anni in Parlamento. Racconterò tutto”.

Ad esempio?

“Un giorno arrivai con il cilicio che Paola Binetti diceva di indossare sotto i vestiti e lo feci provare a Fini. Ce l’ho ancora, lì, nell’armadio. O le liti con Giovanardi. Credo mi detestasse non soltanto perché sono gay, ma perché gli ho fatto fallire la legge sulle discoteche”.

Farà i nomi?

Ride: “Naturalmente no”.

Di quali leggi e proposte di legge va fiero?

“La protezione internazionale degli omosessuali perseguitati, la legge sull’amministrazione di sostegno, la legge Bacchelli per Aldo Braibanti”.

I migliori compagni di battaglia per i diritti?

“Marco Pannella. Un fratello».

Quanti amori nella sua vita?

“Quelli seri? Quattro o cinque. Oggi sono single. La famiglia del mio ultimo compagno che non approvava il nostro amore aveva assoldato un sicario per uccidermi. Ah, so anche il prezzo: 25mila euro. Un po’ poco no? Credo in fondo di valere di più”.

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