L’offerta di Meloni all’Europa. Sì al Mes a dicembre dopo l’accordo sulla Stabilità

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STRASBURGO — Il governo Meloni è pronto a ratificare il Mes. Non questo mese, ma a dicembre. Dopo la riunione dell’Ecofin che potrebbe dare il via libera alla Riforma del Patto di Stabilità.

Che cos’è il Mes e perché se ne parla ora

Apertura informale

È questo il messaggio che nelle ultime ore è partito da Palazzo Chigi verso i piani di alti della Commissione europea. Ed è questa una delle “doti” che la presidente del Consiglio vuole portare domani a Berlino nell’incontro che avrà con il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz.

Si tratta di un’apertura, ancora del tutto informale e ufficiosa, che però non a caso arriva nei giorni che hanno preceduto la valutazione della manovra economica da parte dell’esecutivo europeo, il vertice di Berlino e le trattative finali sulla nuova governance economica dell’Ue.

L’idea quindi è di mettere sul tavolo il voto parlamentare sul Meccanismo di Stabilità cercando di ottenere domani il massimo della disponibilità da parte di Scholz sul patto di Stabilità.

Le due clausole politiche

Per uscire dal cul de sac in cui la maggioranza di centrodestra si è infilata in questi mesi, Palazzo Chigi e Tesoro puntano dunque a calendarizzare in aula l’esame della ratifica nella prima metà di dicembre con due “clausole politiche”.

La prima riguarda la possibilità di poter convincere i più riottosi della coalizione, ossia la Lega, a non fare scherzi e non a dissociarsi in aula costringendo il governo a chiedere l’aiuto di una parte dell’opposizione. Consiste cioè nel dimostrare che in cambio della ratifica del Mes, l’Italia ha ottenuto qualche vantaggio nelle regole sui parametri economici.

La seconda è una sorta di “assicurazione” sul futuro: nel documento con cui si chiederà il via libera, si prevederà l’impegno a chiedere un nuovo scrutinio alla Camera e al Senato nel caso in cui l’Italia si dovesse trovare la necessità di attivare il Mes.

Ratificare senza usare

E il modo più diretto per dire ai proprio parlamentari: ratifichiamo il Fondo ma non lo utilizzeremo mai e sei nei prossimi anni non saremo noi al governo, chiunque ci sarà dovrà tornare alle Camere per reclamarne l’aiuto finanziario. Saranno loro ad assumersi la responsabilità dello stigma che accompagna chi si rivolge all’ex Fondo Salva Stati.

Bisogna tenere presente che l’Italia è l’unico Paese europeo a non aver ratificato il Meccanismo e fino a quando non lo farà non potrà entrare in vigore. La sua riforma prevede soprattutto una “rete” che si stende in caso di crisi bancarie.

E se l’intera procedura non si completerà entro dicembre, dal primo gennaio tutti gli Stati membri e le banche del Vecchio Continente non potranno contare su nessun ombrello protettivo.

Una situazione che nei mesi scorsi aveva irritato soprattutto il governo tedesco. Per questo, domani uno degli argomenti che porterà Giorgia Meloni sarà proprio la linea accondiscendente dell’Italia.

Patto di stabilità, su cosa si discute e perché l’Italia frena sulle modifiche

Lo scambio con il Patto di stabilità

È chiaro che la premier spera di avere in cambio una minor rigidità sul Patto di Stabilità. Ad esempio Berlino insiste sulla necessità che il deficit nei prossimi anni non debba solo scendere sotto il tre per cento ma arrivare al 2 per costruire una sorta di “materasso” di garanzia rispetto ai Paesi più “spendaccioni”. Già eliminare dal dibattito questa richiesta sarebbe un passo avanti per la squadra meloniana.

E si lega direttamente alla valutazione che oggi la Commissione Ue esprimerà sulla manovra economica. Non lo farà solo sulla nostra ma su quelle di tutti i 27. Eppure la legge di Bilancio del centrodestra presenta dei nodi che riguardano esattamente le questioni centrali del Patto di Stabilità.

Il giudizio sulla manovra: due warning

Il giudizio finale sulla manovra, infatti, sarà compliant. Ossia sarà promossa. Ma nello stesso tempo nel documento predisposto dagli uffici di Palazzo Berlaymont figureranno almeno due warning piuttosto severi: su debito e deficit. Un avviso che rischia di essere formalizzato a giugno prossimo con le nuove raccomandazioni.

Quindi la manovra sarà in effetti considerata “conforme” ma le prospettive del tutto inadeguate. Supererà l’esame perché nel breve periodo la spesa primaria non crescerà, soprattutto per la cancellazione del superbonus edilizio. Ma l’andamento del disavanzo e del debito pubblico è considerato incompatibile.

Debito e mancate coperture: tutte le ipoteche nella manovra

Deficit e debito troppo alti

Anche con le future norme che saranno contenute nel nuovo Patto di Stabilità. Il deficit 2023, ben oltre il 5 per cento. Quello del prossimo anno ampiamente sopra il 4 e quello del 2025 che supera decisamente il 3 per cento, viene valutato preoccupante. Senza tenere conto del fatto che queste stime sono state inserite sulla base di una aspettativa di crescita che già ora appare inverosimile.

Stesso discorso per il debito la cui curva non accenna ad abbassarsi. I provvedimenti adottati dall’Economia non offrono alcuna garanzia da questo punto di vista. In questo contesto il governo Meloni rischia di trovarsi, anche con le nuove regole, a dover correre ai ripari con una manovrina già in estate, dopo le elezioni europee. Per questo, almeno sul Mes, Palazzo Chigi tenta di farsi trovare più disponibile. In gioco c’è un ennesimo scontro con Bruxelles.

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