Manipolazioni, demansionamenti, minacce: gli altri abusi delle suore e il movimento #nunstoo

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La casa nel quartiere romano dei Parioli è stata chiusa, i fondi sono stati sospesi. Il progetto pilota è durato poco. Lo aveva annunciato solo a febbraio del 2020 il cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto del dicastero vaticano per i religiosi: “Una casa per accogliere dalla strada alcune suore mandate via, in particolare nel caso che siano straniere”. Decisione del Papa. Ma a distanza di pochi anni l’iniziativa affidata alle scalabriniane ha chiuso i battenti. Il problema, però, è ancora tutto lì.

Metropolis Files/12 – Suore abusate, lo scandalo sommerso della Chiesa

Dall’Africa e dall’Asia

Perché sono numerose, soprattutto a Roma, le suore che a un certo punto mollano. Tolgono il velo, lasciano il convento, e si trovano per strada. Soprattutto se vengono dall’Africa e dall’Asia, non hanno una rete di famigliari o amici che le sostenga e non sono in grado di reinventarsi un mestiere. “C’è stato anche qualche caso di prostituzione per poter mantenersi”, confidò il porporato brasiliano all’inserto femminile dell’Osservatore Romano, Donna Chiesa Mondo. Diverse delle giovani donne ospitate nella casa dei Parioli, finché c’è stata, avevano un figlio al seguito.

Sguattere, segregate, ricattate

Dietro gli abbandoni c’è un mondo di abusi consumati tra le mura della congregazione, non di rado con la complicità di qualche sacerdote, e nel silenzio o nell’indifferenza delle superiore. Abusi sessuali, ma non solo. Ci sono suore ridotte a fare da sguattere, da cameriere di un ordine religioso maschile o di un cardinale, senza orari e con una retribuzione aleatoria, magari nonostante un dottorato in teologia. Ci sono religiose alle quali non è permesso studiare, mantenere i rapporti con la propria famiglia, uscire dal convento o avere un minimo di autonomia economica. Ci sono donne che parlano male l’italiano, facilmente ricattate, sole e manipolabili.

Gli studi e le inchieste

Il problema è venuto sempre più alla luce. Sull’onda del Me Too, un’ex suora, Mary Dispenza, anni fa lanciò l’hastag #nunstoo (anche le suore). Ma già verso la fine degli anni Novanta due religiose, suor Maura O’Donohue e suor Marie McDonald, inviarono in Vaticano rapporti riservati – rivelati poi dal National Catholic Reporter e in Italia da Adista – sulle violenze consumate contro suore di tutto il mondo. A segnare un cambio di passo è stata la televisione franco-tedesca Arte, che nel 2019 ha raccontato gli abusi delle religiose nel documentario “l’altro scandalo della Chiesa” (altro rispetto alla pedofilia). Col tempo si sono moltiplicati i rapporti su realtà come l’Arche di Jean Vanier, la giornalista francese Celine Hoyeau ha analizzato in un libro il “tradimento dei padri” (tradotto da Queriniana), in Italia Anna Deodato ha raccolto diverse testimonianze nel volume “Vorrei risorgere dalle mie ferite” (Dehoniane). Si sono mosse le testate riconducibili alla Santa Sede: hanno parlato di abusi l’inserto femminile dell’Osservatore Romano, la Civiltà cattolica, Salvatore Cernuzio, giornalista di Vatican News, ha raccolto alcune storie nel libro “Il velo del silenzio” (San Paolo). L’Unione internazionale delle superiori generali ha invitato le vittime a denunciare. Interpellato sul tema, già nel 2019 papa Francesco ha ammesso il problema.

La radice di ogni abuso

La cui radice, spiega Paola Lazzarini, sociologa ed ex suora, è “il modo in cui viene gestita la volontà delle persone”. Più del voto di castità, è quello di obbedienza che piega le persone. “Dal momento in cui metti piede in convento ti convincono del fatto che la vita non è più tua, che devi liberarti da te. E se non sei in grado di consegnare la tua vita scattano le reazioni punitive o rieducative”, analizza questa femminista cattolica, che nota come “non devi solo obbedire, devi amare quello che altri ti dicono di fare”. Il primo abuso è un abuso di coscienza: “Se ti senti felice è la conferma che quella è la strada che Dio vuole per te, se soffri, fino a sviluppare una depressione o disturbi fisici, è Dio che mette alla prova la tua vocazione. Pian piano ti viene tolta la capacità di giudicare autonomamente, ti espropriano anche i gusti, diventi un pezzo di una macchina più grande di te e dopo una certa età diventa quasi impossibile uscirne”. Per Lazzarini questo modello è anacronistico: “Con le vocazioni che continuano a calare bisognerebbe ripensare radicalmente il sistema”, afferma: “Per non rinunciare a queste forme di controllo estremo sugli individui, la vita religiosa sta perdendo una grossa occasione di avere senso nel mondo di oggi”.

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