Maratona di New York, oggi la corsa delle truffe leggendarie: Rosie Ruiz in metro, il dottor Meza alla toilette, gli scambi di persona tra cinesi

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Born to run di Springsteen, abusata, ma bellissima. Nati per correre, per fuggire, per non tornare mai indietro. Un invito (a cercare) e a sfondare il futuro. Ognuno lo dice con parole sue. Al campione cecoslovacco Emil Zatopek scappò una frase da film: «Uomini, oggi moriamo un po’». Al via della maratona olimpica di Melbourne ’56. Non esagerava, quattro anni prima a Helsinki aveva trionfato, e poi per una settimana non era più riuscito a camminare. La norvegese Grete Waitz, che vinse nove maratone di New York, al traguardo della prima nel ’78 scagliò le scarpe contro il marito gridando: mai più. Era lui che l’aveva convinta a iscriversi dicendole che poteva essere un bel modo per conoscere la città. Grete aveva 25 anni e dopo a causa dei dolori per tre giorni restò a letto. Esistono strazi felici, ma fanno comunque male.

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Maratona di New York: orario e dove vederla in tv

Si sa che la maratona si corre per 30 km con le gambe, 10 con la testa, 2 con il cuore e 195 metri con le lacrime agli occhi. Oggi a New York (diretta tv su RaiSportHD dalle 14.40 alle 16 italiane, poi su RaiDue) ci sarà la carica dei 2.368 italiani tra gli oltre 55 mila iscritti nella corsa più famosa del mondo con l’arrivo nel parco più filmato della storia, nell’unica domenica in cui il tasso di criminalità scende e il traffico si ferma. La maratona sconcia, ma vi rende qualcuno, ce l’avete fatta. Vi sentite uno straccio, però vuoi mettere come siete belli con la medaglia al collo? Sarà per questo che il 27 agosto a Città del Messico su 30.000 partecipanti 11.000 hanno tagliato corto. Un terzo dei concorrenti ha deciso che fare fatica è da somari. La banalità del male in versione sportiva. C’è chi è salito su un mezzo pubblico e chi su un veicolo privato. La corsa messicana ha da sempre una lunga tradizione di imbroglioni, nel 2017 in seimila se la presero molto comoda, senza nemmeno scusarsi: noi siamo a posto, è il vostro tracciamento che non funziona. Vi chiederete: non lo ordina il medico di correre la maratona. E allora, se non vi va, perché? Sembra che le medaglie ai partecipanti abbiano molto appeal (prima erano sei e formavano la parola Mexico, quelle nuove hanno la mappa della città) e che siano così belle che si faccia di tutto per portarsele a casa. No, non correre, ma rompere il chip che ti identifica, saltare il checkpoint, e ops infilarsi nella metropolitana per tornare in gara più avanti. E che sarà mai?

Rosie Ruiz e la metropolitana

Il fenomeno resta Rosie Ruiz, 26 anni, che destando meraviglia nell’80 vince a Boston. Mai vista un’atleta più in forma, non ha una goccia di sudore e un capello fuori posto. Eppure ha corso veloce in 2h31’56”. La premiano con medaglia e coppa di cristallo. È nata a Cuba, fa la segretaria a Manhattan, il suo datore di lavoro le ha pagato la trasferta, ma soprattutto nessuno la conosce. Si è registrata con il tempo di New York dell’anno precedente, peccato che quello di Boston sia di 25 minuti più veloce. Proprio niente male, bel progresso: è la terza miglior prestazione della storia. A rivedere i filmati però di lei non c’è traccia. Forse sarebbe stato meglio spostare le telecamere verso la metropolitana, allora sì l’avrebbero vista. Ruiz si porta avanti con le fermate, si butta in strada quando manca solo un chilometro e mezzo, è subito in testa, la seguono a distanza 448 concorrenti, ma dove le ha superate? Otto giorni dopo scoprono l’inganno, Rosie viene squalificata (aveva barato anche a New York) e licenziata (dal lavoro), ruba a un collega, si mette a vendere droga a un agente sotto copertura, finisce in prigione. Wrong turn. Quelle curve sbagliate che portano fuori strada.

Chiederete: ma oggi, in un mondo sempre connesso, con il Grande Fratello che ti tiene sott’occhio, con il gps e con tutte quelle applicazioni che non ti perdono mai di vista, come si fa? Non solo, c’è anche un Fbi della maratona. È un sito web, si chiama Marathon Investigation, fa indagini, denuncia all’opinione pubblica, è aperto alle gole profonde, ogni spia è ben accetta.

Frank Meza e la fuga verso la toilette

Il medico in pensione Frank Meza, nel 2019 a Los Angeles sembrò il dio delle lunghe distanze. Corse in 2 ore, 53 minuti e 10 secondi. A 70 anni. Nessuno a quell’età aveva mai avvicinato quella prestazione. A rivedere le immagini però notano che Meza esce dal percorso per poi riapparire più avanti. Il maratoneta ingannatore. Lui si giustifica: «I didn’t cut the course». Non ha tagliato il percorso, ma aveva necessità di andare in bagno. E mai che si trovi una toilette vicina quando ne hai bisogno. Scoprono che ha usato lo stesso trucco altre due volte, nel 2014 e nel 2016. Il dottor Meza viene messo alla gogna, bersagliato da mail, messaggi e telefonate. Ha quel vizietto, ma per il resto è uno a posto, anzi cura la preparazione fisica di un piccolo club cittadino. I ragazzi lo aspettano per la lezione, lui non va. Lo ritrovano all’alba sul Los Angeles River, un canale di scolo che avrete visto spesso in film e telefilm. Frank non ha retto la vergogna e si è suicidato. Chi ruba chilometri fa male alla corsa, è un baro, siamo d’accordo, ma questo fa di lui un criminale? E si può violare la sua sfera privata pubblicando sue foto e ridicolizzandolo anche sul web? È anche vero che quando si partecipa a una maratona si firma e si accetta un protocollo che prevede il consenso al monitoraggio. Però se mi fotografano all’arrivo mentre bacio un amico che non è mio marito avrò diritto alla privacy?

Il fake runner di Boston

Certo non è simpatico partecipare alla maratona di Boston con il pettorale 15516 e scoprire che un’altra, una “fake Jo”, mai identificata, ha corso con il tuo stesso numero e che in più ha preso la medaglia che per te non c’era. E sì perché Boston per chi arrivava al traguardo verso le 17.15 si è trovata a corto di premi. Causa impostori. Anche il signor Steve McRae che per un infortunio ha dovuto dare forfait si è accorto dalle fotografie che a sua insaputa aveva un sostituto, il numero 11574. Il suo. Un altro fake runner.

La Cina pazza per la maratona

La nuova frontiera della maratona è la Cina, nonostante l’inquinamento atmosferico. Nel 2020 il giro di affari è stato di 23 miliardi di dollari. Nel 2019 gli iscritti alle 1.800 competizioni su strada risultavano 7 milioni e 120 mila. Ciascuno di loro spende 1.450 euro l‘anno per l’attrezzatura sportiva. Ma anche lì sembra vinca l’attitudine a non stancarsi troppo. Nel 2018 nella mezza maratona di Shenzhen i truffatori sono stati 258, la maggior parte ha preso scorciatoie, 21 avevano numeri da gara inesistenti e 3 hanno corso al posto di altri. La spia è stata una telecamera piazzata su un semaforo sopra un’inversione a U che ha inquadrato concorrenti che uscivano dal bosco che separava le due parti del percorso. Pene severe ai truffatori: squalifica a vita per i falsi pettorali e due anni di stop agli altri. In più un editoriale sul People’s Daily, quotidiano ufficiale cinese, ammoniva i corridori a rispettare lo spirito sportivo. Non dovete imbrogliare, ve lo ordina il Partito. Il risultato? L’anno dopo la maratona di Boston contava 90 concorrenti cinesi iscritti con dati fasulli. La denuncia stavolta veniva dal network The Voice of China. Colpa dell’agenzia, altamente tecnologica, che in cambio di 7.475 dollari si occupava di tutto, registrazione, viaggio e alloggio. Non preoccupatevi, ci pensiamo noi: ad accorciare i tempi, a rendervi più bravi, così avrete un gruppo di partenza più favorevole. La prova? L’ordine di arrivo: 6 ore e 11 minuti per la numero 13075. Peccato si fosse accreditata con 3 ore e 35 minuti. Lento pure il suo collega, 5 ore e 26 minuti, però come crono aveva 3 ore e 5 minuti. La grande truffa della maratona. Dove si diventa ladri di fiato e di chilometri, forse perché mette troppa paura un’altra frase di Zatopek: «Se vuoi vivere un’altra vita, corri una maratona».

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