Mario Martone: “Quei ragazzi si sentono invisibili: la rivolta delle banlieue parla anche all’Italia”

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La rivolta nelle banlieue e una generazione di ragazzi che il potere non vuole vedere, in Francia come in Italia. Mario Martone è a Parigi, Nostalgia premiato ieri all’ambasciata d’Italia a Parigi con il Prix EU.RO.PA Jeunesse, assegnato da una giuria di under 18 dei licei bilingue ESABAC di Parigi e Roma (mentre per la Francia ha vinto L’innocenti di Louis Garrel) organizzato da Associazione Palatine e Alice nella città, nella seconda edizione del festival Dolcevita-sur-Seine.

I ragazzi che hanno premiato il suo film hanno più o mano l’età di molti di quelli della rivolta nelle banlieue, che sono giovani, anche studenti della scuola media medie.
“Sono qui anche perché mi ha colpito l’incontro in remoto con gli studenti, che è stato bellissimo. Nostalgia qui in Francia è stato un grande successo, come in Inghilterra, a cui ha contribuito un pubblico molto giovane, cosa che mi ha anche sorpreso. Credo succeda perché nel film ci sono ragazze e dei ragazzi di un quartiere molto difficile, la Sanità, che è una sorta di banlieue interna alla città. La Sanità è stato un luogo per decenni inavvicinabile e in cui oggi c’è una situazione difficile per i ragazzi. In comune con le banlieue c’è il fatto che sono luoghi in cui lo Stato arretra o non riesce a penetrare o non riesce soprattutto a dare né soluzioni né indicazioni. A Napoli c’è la Camorra che interviene come soggetto, è molto facile che si finisca nelle mani di chi invece promette e dà delle piccole certezze. Qui probabilmente è diverso, non esiste una criminalità organizzata in quei termini. Ma possiamo dire che il disagio in questi luoghi è lo stesso, ed è un disagio che ci si ostina a non voler vedere. Quando Il sindaco del rione sanità ha debuttato al Next, a San Giovanni a Teduccio. Ogni sera venivano persone dal centro, che erano mai stati nel quartiere prima: esistono dei muri invisibili nelle nostre città. Parigi è diversa da Napoli, naturalmente. Però Parigi non è nemmeno una città così grande, è chiaro che lo stare insieme dei cittadini in una città dovrebbe essere fatto di osmosi, scambi, vedere chi hai dall’altro lato. Anni fa si è fatta una politica in Francia per i teatri, in cui si sono realizzati teatri in periferia, nelle banlieue, importanti, ma la sensazione che oggi tutto questo sia tornato indietro, come per tanti altri discorsi. La paura, l’egoismo, la crisi economica che ti stringe… ma sta di fatto che c’è chi non vuole vedere luoghi che non sono propri, confortevoli, con le belle case. Nella mia pratica è importante cercare uno stare insieme con persone che in questi luoghi si danno da fare, Francesco Di Leva è stato un incontro che ha cambiato la mia vita. Appartengo alla Napoli borghese, lavorare con lui significa stare insieme, in modo orizzontale”.

Nostalgia di Martone, ecco il trailer

“Nostalgia” ha un finale senza speranza.
“Sì, tante persone lo vivono con sofferenza. Mi chiedono: perché non vuoi dare speranza? Ma era giusto che io fossi fedele al romanzo, ma comunque sposo questa visione di Ermanno Rea. Perché il problema non è come dare consolazione, è mostrare la realtà. C’è una scena in cui il protagonista balla con i ragazzi napoletani sulle note di un brano egiziano, qualcosa allo stesso tempo dentro e fuori il rapporto con Napoli. Ed è quel che avvien a Parigi, intrisa di cultura che viene dall’Africa, dal Medio Oriente, che è dentro e fuori la città. A Parigi è fatta anche di tutto questo. Allora si tratta di capire che c’è una voce che va ascoltata. E invece questi muri invisibili col tempo si siano fatti ancora più forti, ancora più netti. Allora è naturale che si crei un senso di estraneità e quindi, naturalmente, di rabbia”.

Il cinema ormai ha un vero filone in Francia dedicato alle banlieue.
“Non è una sorpresa che in questi giorni sia molto stato citato L’odio, che è diventato capostipite di un genere. Ma che cosa è, del resto, Gomorra da noi? Quando criticavano il film sul fatto che stimolasse alla violenza, rispondevo che Gomorra e l’esplosione di un genere sono l’urlo di una città che viene ostinatamente non vista. E che dice “bene io sono questa cosa qui. Tu fingi che non ci sono, e allora io ci sono e sono così e non ti piaccio perché posso essere violento e tremendo”. C’è un problema di identità. In Francia ci sono tanti film, L’odio, Le Miserables che è un film meraviglioso, Deepan. Il cinema, quando è potente, forte, è l’espressione di una realtà che a un certo punto diventa forma. Questi film ti mostrano una realtà sul grande schermo che è quella che non vuoi vedere nella realtà. Dal punto di vista sociale non c’è altra strada che non sia la paziente determinazione a voler vedere. Vale per chi sta nelle alte sfere, la necessità di politiche adeguate, ma anche per i cittadini tutti, che si chiudono fatalmente. I livelli di sofferenza sociale sono altissimi, in un mondo che si sta polarizzando in una diseguaglianza folle e in cui non si hanno parole per dare una prospettiva possibile”

Cannes, applausi per il film di Martone ‘Nostalgia’

.Da noi non c’è una esplosione come nelle banlieue.
“Da noi il problema è che non abbiamo ucciso i padri, ci uccidiamo tra fratelli, è stata anche questo la storia italiana, sotto tanti punti di vista, e succede anche adesso. La criminalità organizzata è uno stare insieme di fratelli che si uccidono. In Francia storicamente c’è una attitudine dalla rivolta diversa, qui c’è stata la rivoluzione. In Italia la questione riguarda il fatto che è come se non si individuasse il padre da attaccare”.

Il padre da attaccare in Francia è Macron?
È una politica complessiva, che assume di volta in volta forme diverse. All’epoca de L’odio non c’era Macron. Non è una questione personale, anche perché sappiamo che la cosa più grave è l’indebolimento dei politici come creatori di prospettive possibili, a sinistra o a destra. C’è un ordine mostruoso della società che cammina sui propri passi, in una sola direzione e a cui ci si deve attenere, senza altre strade possibili. Difficile allora individuare il capro espiatorio, inteso come leader politico, perché in realtà è parte quella rete complessava che è una delle forme del nostro tempo. La situazione a sinistra è devastante, ma val più in generale, tutti i partiti sono schiacciati su una prospettiva e dentro questa cosa le nuove generazioni evidentemente prenderanno la parola a tutti i livelli”.

Ce la faranno?
“Ho grande attenzione per i nati dopo il duemila. Mi interessa per la trasformazione antropologica. Fortissima: sono proprio persone diverse, nativi digitali, con un altro modo di rapportarsi alle cose e alle persone. Hanno un’altra percezione. Non ci contrastano perché, come se fossero altrove, guardano ormai un mondo che giustamente è il loro, perché alla fine sarà il loro. Perciò per me è stato importante fare Romeo e Giulietta con una banda di ragazzi, è stato interessante, hanno codici diversi, linguaggi diversi, un modo diverso di rapportarsi. Io sono nato alla fine del 59, mi sento un uomo tagliato in due, una parte di me nel Novecento, un’altra dopo i duemila. È questa la condizione data in sorte alla mia generazione. Ma pendere, diciamo, verso il rimpianto di quello che era il Novecento non serve a niente. Il punto che vedere e capire il mondo che si trasforma, come lo stanno trasformando le nuove generazioni”.

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