Mattarella non firma il ddl carne coltivata. Servirà prima l’ok Ue

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ROMA — La festa può attendere. La legge approvata dal Parlamento, tra l’esultanza degli agricoltori di Coldiretti, per vietare in Italia la produzione e vendita di alimenti derivati da colture cellulari non è ancora in vigore. E non lo sarà tanto presto. Perché serve una valutazione dell’Europa: le norme volute fortemente dalla destra, in nome della sovranità alimentare e della difesa degli allevamenti nostrani, impattano sul mercato unico continentale, dal momento che limiterebbero la libera circolazione in Italia dei cibi prodotti in laboratorio. Si rischia di sbattere contro una procedura d’infrazione. Ecco perché, a due settimane dal via libera definitivo della Camera al ddl del ministro Francesco Lollobrigida, il testo formalmente – ha scritto ieri l’Ansa – non è ancora giunto all’esame del Quirinale. E una valutazione non sarà fatta prima che l’Ue si sia pronunciata. Fino ad allora insomma non sarà sottoposto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la firma che sancisce l’entrata in vigore: il progetto resta in ghiacciaia. Se il governo sperava di saltare un passaggio e incassare la legge prima del confronto con Bruxelles, così non sarà.

Per capire bene la vicenda bisogna fare un passo indietro di un paio di mesi, all’inizio di ottobre. Il ddl sulla carne coltivata (“sintetica”, dicono a destra, per render meglio l’idea di qualcosa di finto) è all’esame della Camera. Il governo intanto l’ha diligentemente inviato a Bruxelles, per sottoporlo a una procedura che si chiama Tris e permette alla Commissione e agli altri Paesi di valutare leggi che impattano sul mercato unico europeo: se ci sono delle criticità ci si confronta per risolverle. Ma all’inizio di ottobre Lollobrigida chiede di ritirare il testo dal Tris: lo rimanderemo a Bruxelles, fa sapere il governo, dopo il via libera definitivo del Parlamento. E quel via libera arriva il 16 novembre, senza alcuna modifica. Nonostante l’opposizione di eminenti personalità come la senatrice a vita Elena Cattaneo e alcune criticità giuridiche che potrebbero non superare l’esame del Colle. Pesanti dubbi investono diversi aspetti. Il primo, di opportunità: il governo Meloni vieta infatti qualcosa che l’Europa non ha ancora neanche autorizzato, perché nessuno oggi può produrre e vendere carne coltivata. Il secondo, scientifico: di fatto si azzoppa la ricerca sugli alimenti da coltivazioni cellulari in Italia. Il terzo, giuridico: le norme attivano un blocco che ostacolerebbe gli scambi commerciali tra Paesi europei, con dubbi di costituzionalità e rischi di procedura d’infrazione.

«Ovviamente notificheremo la legge in Europa, come è prassi: non c’è nulla da temere. Ma siamo il Parlamento italiano e normiamo per il nostro popolo, l’unico soggetto che riconosco cui dare risposte», ha detto Lollobrigida il 16 novembre alla Camera, agitando la bandiera del sovranismo normativo, oltre che gastronomico. Il governo sperava però di inviare il ddl a Bruxelles dopo la promulgazione della legge da parte del Quirinale, quasi a volersi presentare già corazzato. Così a conti fatti non sarà: prima Lollobrigida dovrebbe inviare il ddl all’Ue e a quel punto il Quirinale lo valuterà per la firma. Ci vorrà qualche settimana.

E poi? Il Tris, prevede da +Europa Riccardo Magi, «sospenderà la norma con invito formale a modificarla». Il governo dovrebbe perciò cambiare il ddl, tornare in Parlamento. Se non lo facesse, «il capo dello Stato avrebbe tutte le ragioni per non promulgare la norma». La partita non è ancora finita.

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