Perché serve studiare i dinosauri

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Sia detto una volta per tutte, studiare serve solo a studiare. Aiuta a capire, certo, ma non serve a capire. Ci sono, infatti, esempi luminosi di persone con lauree, dottorati e titoli vari di studi superiori che hanno capito poco. Motivo per cui la domanda “A che serve?”, riguardo qualsiasi argomento di studio curriculare o no — ma quando si tratta di istruzione obbligatoria mi pare più grave — rivela quasi sempre l’indole di chi misura la necessità di uno strumento o un concetto dall’immediatezza dell’utilizzo. Se le domande, per esempio, “Che cos’è?” e “Come funziona?”, rivelano la partecipazione a uno dei grandi giochi della specie umana, provare a capire, la domanda “A che serve?”, da sola, avvilisce subito l’immaginazione. Studiare solo cose che servono. Che poi servono sempre, ma non tutte subito.

È storia la risposta di Paolo Zellini, matematico (i suoi libri sono tutti Adelphi) a uno studente che gli domanda (domanda classica, storia essa pure) “A che servono i logaritmi?” e Zellini, sobrio, insorge “Mi scusi, ma lei a che serve?” Per altro, i logaritmi servono moltissimo, trasformano le moltiplicazioni in somme e le divisioni in sottrazioni, per esempio, in un mondo senza calcolatrici (o quando tutte le calcolatrici si spegneranno) semplificavano i calcoli, anzi servivano per compiere meno errori di calcolo.

“In terza elementare — trascrivo da una risposta data, ieri l’altro, dal Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara alla XXII edizione della rassegna Direzione Nord all’Auditorium di Assolombarda a Milano — si va a narrare e a spiegare tutte le specie di dinosauri. Addirittura, c’era un animale vissuto 40 milioni di anni fa e questi bambini devono studiare e imparare questo animale vissuto in Messico ed estinto da milioni di anni. Tutto questo, ma a che serve?” Per esempio, si potrebbe rispondere, che serve a ricordarci che siamo il risultato di una evoluzione e non è che due di noi sono usciti dal Paradiso Terrestre con l’unico problema di coprirsi le pudende. L’aborto non è un diritto, a che serve studiare i dinosauri, gi studenti che lanciano una latta di vernice sono trattati come una banda armata (giusta osservazione di Zerocalcare) sono asserzioni che, prese tutte insieme, restituiscono l’immagine di un paese nel quale non si può immaginare.

Il problema dei programmi per la scuola elementare, d’altronde, non sono i dinosauri — penso ai libri di testo di mio nipote che ha dieci anni — ma la dispersione. Non la quantità di informazioni, ma la qualità che non fornisce gli strumenti elementari per connettere.

Ma torniamo ai dinosauri, il 18 marzo 2022, avevamo pubblicato una intervista al paleontologo Giovanni Pinna che aveva scoperto un giacimento giurassico sul lago di Lugano e che è stato prima direttore e poi conservatore del Museo di Storia Naturale di Milano. Parlando di elaborazioni oscene e politiche della paleontologia, portava l’esempio della teoria del meteorite riguardo l’estinzione dei dinosauri. Non esisteva nessun meteorite, è una ipotesi scientifica pompata a favore della politica reaganiana dello scudo spaziale. Alla mia insistenza, un po’ infantile, sul perché i dinosauri si fossero estinti, Pinna aveva risposto che la faccenda era più complessa del meteorite, “Parametri ambientali indotti dalla deriva dei continenti, per esempio, che hanno portato all’estinzione di gruppi talmente specializzati da non poter andare oltre, mentre i gruppi non specializzati hanno continuato a vivere.” E a quel punto, il tragico sospetto: Quindi la specializzazione non fa bene alla sopravvivenza? “Fa bene fino a un certo punto. Ci sono teorie straordinarie sul tema. La specializzazione porta all’estinzione ma ci sono meccanismi che fanno sì che si ricominci tutto da capo, ma con forme diverse. Molto divertente”. Ecco, è possibile che la specializzazione non solo biologicamente ma pure scolasticamente porti all’estinzione di una specie. In questo caso la nostra per sopraggiunta incapacità di connettere una cosa a un’altra, e di saperci orientare in mezzo a “troppa roba”.

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