Processo Regeni, il gup accoglie la richiesta della Procura di Roma: “Atti alla Consulta”

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“Non è una storia di famiglia ma è una storia che riguarda la dignità di questo Paese e la sicurezza di tutti i cittadini nel mondo”. Basta avvicinarsi al tribunale di Roma per accorgersi dell’importanza di questa giornata. Lo spiega chiaramente l’avvocato della famiglia di Giulio Regeni, mentre entra in tribunale insieme ai genitori del ragazzo ucciso ucciso nel 2016 al Cairo, attraversando il sit in organizzato a piazzale Clodio e sottolineando che “oggi si decideranno le sorti di questo processo”.

Fuori dal tribunale sono presenti, tra gli altri, Pif e l’ex presidente della Camera Roberto Fico. Ma è dentro le aule di giustizia che si gioca la partita più importante. Perché oggi il tribunale deve decidere se inviare o meno gli atti alla Consulta. Secondo il procuratore Francesco Lo Voi e l’aggiunto Sergio Colaiocco infatti, le norme che impediscono al procedimento di andare avanti violano la Costituzione e anche una serie di trattati e convenzioni internazionali.

L’articolo 420 bis del codice di procedura penale stabilisce infatti che è impossibile arrivare a una sentenza se gli imputati non sono a conoscenza dell’esistenza di un processo a loro carico.

E visto che l’Egitto si rifiuta di notificare gli atti ai quattro agenti dei servizi del Cairo accusati a vario titolo di aver sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore italiano, la strada che porta alla verità sulla morte di Giulio Regeni risulta impervia.

Ma tutto ciò, secondo la procura di Roma, viola la Costituzione. Per questo i pm hanno chiesto al giudice di inviare gli atti alla Corte Costituzionale, affinchè esamini la legittimità della norma in questione. I magistrati romani ritengono infatti che l’articolo 420 bis è contrario alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, alla Dichiarazione sui principi fondamentali di giustizia in favore delle vittime della criminalità e degli abusi di potere, alle convenzioni Onu in materia di terrorismo, corruzione e criminalità organizzata, alle convenzioni della Nato e anche alcuni trattati che obbligano la cooperazione tra Stati e ad almeno 7 articoli della Costituzione, ai principi che regolano la dignità della persona, che riguardano il diritto alla tutela giurisdizionale, che assicurano la pace la giustizia tra le nazioni, quindi la promozione “delle organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”, come recita l’articolo 11, una legge basilare per reprimere a livello internazionale le violazioni dei diritti umani. 

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