Roma Nord dice addio alla Smart, regina smargiassa della sosta creativa

Pubblicità
Pubblicità

Nel quasi inspiegabile declino dell’auto piccola – inspiegabile in città sempre più ingolfate e in deficit di parcheggi – dire addio alla Smart due posti è come disfarsi di un kit di sopravvivenza nella giungla. Dire addio alla Smart nella capitale, e più specificamente nel quadrante nord della stessa, è veder morire un’epoca. Una Weltanschauung – leggasi visione del mondo – e una segnaletica sociale. La Smart, fiammeggiante scatola di latta motorizzata, è il monumento mobile di Ponte Milvio, il triciclo coperto dei neopatentati e degli Insofferenti – categoria che al volante disegna originali traiettorie e inarrivabili soluzioni di parcheggio.

Il caso

Addio cara Smart, da marzo esce di scena la più piccola citycar del mondo, sostituita da un Suv

D’altra parte, il gran vantaggio della Smart è la sosta creativa, interstiziale: si dispone, come le macchinette dei minorenni, alla risicata porzione fra passo effettivamente carrabile e passo comunque tutto sommato ancora carrabile; alla slabbratura della fermata dell’autobus, alla lingua d’asfalto tra un cassonetto e una moto, tra le strisce pedonali e l’abisso. Smargiassa, colonizza porzioni di marciapiede e si incunea di punta dove le altre più ordinarie vetture offrono il fianco, cioè la fiancata. La Smart saltella, sgattaiola, si insinua, si crede o credeva parente stretta delle biciclette e dei monopattini. A Roma molto spesso “scoatta”, si muove cioè con una sua prepotenza sottile, non si lascia umiliare dai Suv ma li irride al momento giusto, ovvero quasi sempre.

È la metà di una macchina, con qualcosa di primitivo, tra i Flinstones e un risciò, soffre parecchio le buche e il manto stradale malmesso, palpita come un cuore quando lo stereo è a palla. Si fa notare: il sabato notte sfila a passo d’uomo nei pressi dei locali e delle discoteche, è la macchina ideale delle ragazzette in tiro e dei ragazzotti sportivi e tronfi; è l’alibi per non dare passaggi a nessuno, se non all’unico passeggero con cui fare coppia. Né impedisce comunioni carnali sui sedili necessariamente anteriori e tutto sommato non scomodi. Ma la Smart appartiene anche alle mamme impegnate e spicce, che la lasciano in seconda fila con una disinvoltura che genera insulti più comprensivi dei canonici – è come prendersela con una bicicletta accostata dove non deve.

06/10/2022 Roma, Quartiere Parioli Pinciano nella foto Piazza Euclide

Si è fatta largo nell’immaginario e lì è rimasta: è l’unica alternativa al motorino che il romano saggio presenta all’inurbato. «Te devi fa’ ’na Vespa. O ’na Smart». Roma non è fatta per i mezzi di trasporto, pubblici o privati che siano. Per le Smart, sì. E giustamente ha guadagnato omaggi cinematografici – un “Caro diario” sulla Smart sarebbe un bel modo per dirle addio! – e canori. “ Io me sò accattato ‘a Smart / L’ho comprata d’occasione”.

Non è “proletaria” come poteva esserlo l’elegantissima fantozziana Cinquecento vintage, e non è nemmeno nobile. È o era “indie”, in tutti i sensi. Autarchica romantica un po’ stronza. Ma il giusto. Dolceamara, come la serata che inizia male e finisce inzuccherata dal cornettaro notturno. Parcheggio facile, se hai la Smart.

Le insonnie dei genitori si fanno più acute perché il mezzo pocket non emana sicurezza solidità stabilità, ma forse è solo apparenza; anche se poi – già sull’anello del Gra – sembra arrancare, e in autostrada diventa oggetto della compassione altrui. Chi ci ha fatto viaggi oltre i cento chilometri li racconta come Omero racconta l’Odissea; Roma-Napoli sulla Smart è già epica col motore bruciato. Ma in fondo la sua natura è, anzi era, quella di macchinina da città, casa-lavoro-palestra-scuola-pizzeria; compagna di viaggetti nel delirio del traffico metropolitano. Roma come Bogotà? Bene. Anzi, male.

Traffico, romani al volante per 107 ore all’anno: la Capitale peggio del Cairo e di Bogotà

Allora però non toglieteci la Smart, lasciate che ricircoli a peso d’oro nel mercato dell’usato e nel contrabbando, che sia deposta e seppellita solo per finta, solo perché il vasto mondo finge di credere che non serva più. E per carità, non è detto che serva nel vasto mondo, però serve qua. Serve a Roma – dove le nonne in Smart fanno gare di scatto al semaforo, dove i residenti fra Prati Flaminio Trionfale l’hanno istituzionalizzata e resa, più che altrove, un segno di riconoscimento, una specie di armatura semovente tirata a lucido. Personalizzabile con tinte floreali o animalier. Addio piccola biposto, dunque, ma solo per gioco, per sentito dire. E comunque non a Roma, dove una Smart – come pretende l’anima della città eterna – è per sempre.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *