Salute migranti, Christou (Msf): “Nessuno può essere al sicuro se non lo siamo tutti”

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“Nessuno può essere al sicuro se non lo siamo tutti”. Questo è quanto affermato da Christos Christou, presidente internazionale di Medici senza frontiere (Msf), in occasione del Festival di Salute, durante il quale è intervenuto, intervistato dal giornalista di Repubblica Michele Bocci,  insieme a Michele Emiliano, presidente della regione Puglia, per ricordare che la salute degli altri è anche la nostra.

Il Covid ci ha reso consapevoli di come la salute sia ormai globalizzata e del fatto che quello che accade nel mondo, vicino o lontano, bello o brutto che sia, può arrivare a noi e diffondersi in breve tempo, ovunque. La salute personale non può quindi più prescindere dalla salute globale.

Tutti devono essere curati, senza lasciare nessuno indietro e specialmente senza dimenticarsi degli ultimi. Ultimi non solo per le condizioni in cui si trovano, ma anche perché sono gli ultimi a giungere sulle sponde del nostro paese e di tutta Europa: i migranti.

Il viaggio dei migranti

Per Christou è fondamentale quindi concentrarsi su coloro che sono rimasti indietro, che hanno “esigenze che di fatto non sono molto diverse da quelle che tutti noi affrontiamo”. Ma ancor prima di ciò è importante capire come parte il viaggio di queste persone e cosa li porta a lasciare la loro terra.

Salute: non dimenticare di avere dei diritti

“Vengono da paesi che sono stati distrutti e bombardati – ricorda il presidente dell’organizzazione internazionale – arrivano da zone dove spesso vi è un sistema sanitario che dà prestazioni poco soddisfacenti e spesso hanno già problemi e patologie croniche”. Intanto, tutto ciò non fa che peggiorare, “molti dei problemi si manifestano proprio durante la fase di emigrazione. Questi viaggi spesso durano anni e nel frattempo – questi individui – vivono in condizioni disastrose”.

Questo alimenta anche problemi di salute mentale che si vanno ad aggiungere ai traumi già vissuti, non va infatti dimenticato che “spesso queste persone sono vittime, oggetto di assalti, violenze, maltrattamenti o stupri”.

L’approdo in Europa

L’arrivo in Europa, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non segna la fine di tutti i problemi. “Di fatto, per molte di queste persone i problemi iniziano o continuano – sottolinea Christou – devono affrontare un ambiente molto poco amichevole e spesso giungono nei centri di accoglienza dove le condizioni di vita non sono per nulla salutari. Possono sviluppare patologie gastrointestinali, respiratorie, cutanee, ma anche grandi problemi di salute mentale”.

La salute mentale dei migranti

Questo è un fattore che non andrebbe trascurato. Purtroppo, però, “spesso ci si dimentica della salute mentale quando si pensa ai migranti che arrivano fuggendo dai paesi poveri e in guerra. Non si pensa a come cambiano le loro esigenze, alla difficoltà del loro viaggio e come questo possa aver inciso sul loro benessere”, continua il presidente di Msf.

“Ci si dimentica di quante vulnerabilità possono aggiungersi al percorso di queste persone quando arrivano – ricorda – spesso sono giovani quelli che decidono di intraprendere questo percorso, sono persone che sono in buone condizioni fisiche”, ma giungono da noi dopo aver passato anni nel tentativo di raggiungere l’Europa, con fatica, sacrifici e difficoltà e tutto ciò “ha un impatto grandissimo”.

One Health, dalla salute del Pianeta dipende anche la nostra

“Questi individui hanno bisogno di un sostegno che vada oltre l’assistenza sanitaria primaria e che sia anche e soprattutto un supporto psicosociale” a partire dai problemi e dalle domande che potrebbero avere, fino ad arrivare a stabilire un contatto con i servizi locali che possano aiutarli a gestire le loro esigenze all’interno del labirinto burocratico nel quale si ritrovano una volta arrivati in Europa. Ma al di là di tutto questo, sottolinea il presidente di Medici senza frontiere “quello di cui hanno bisogno queste persone è essere trattati con umanità e dignità”.

La salute globale dipende soprattutto da noi

I migranti, ricorda Christou, vengono invece “spesso strumentalizzati in senso negativo”, generando “false paure di salute pubblica” che vengono usate come spettro per generare l’ennesimo timore sull’immigrazione e sul rischio di trasmissione di malattie portate dai paesi di origine, come scabbia o tubercolosi.

“Oggi, in particolare, dobbiamo fare ancora più attenzione a questo aspetto e spiegare bene a tutti che la maggior parte dei problemi che queste persone hanno, si sviluppano nel viaggio o all’arrivo, vivendo in condizioni di vita molto difficili”, afferma Christou. È importante ricordare che spesso i migranti si ritrovano a passare mesi o anche anni all’interno dei centri di accoglienza o addirittura dei campi di detenzione.

“Non sono arrivati con quelle patologie – ribadisce – ma le hanno sviluppate nel momento in cui sono arrivati da noi perché non siamo in grado di accoglierli in modo corretto. Quindi è un nostro problema. Se vogliamo prevenire queste cose dobbiamo lavorare meglio, trattare i migranti con più umanità e fornire servizi sanitari più completi”.

Migliorare l’accoglienza

Per accogliere meglio queste persone bisogna ricordare che questi “flussi migratori sono molto simili ai flussi dei liquidi, come l’acqua, che se arriva tutta insieme provoca un’alluvione, un disastro, ma se viene invece distribuita con intelligenza e richiesta quando serve, è importantissima e decisiva” e diventa una risorsa preziosa, afferma Michele Emiliano. E per la società, “le persone sono importanti come l’acqua”, indipendentemente da dove sono nate e dal colore della pelle.

Gestire quindi i migranti in modo adeguato permette di “assorbire centinaia di migliaia di individui senza accorgercene”, integrandoli nel tessuto produttivo e sociale, collocandoli dove le competenze e propensioni personali permettono, ma per far ciò il flusso deve essere regolato, continua.

Il progetto in Puglia

La Puglia da anni si impegna per curare allo stesso modo cittadini e migranti. Da questa idea si è generato il progetto Su.Pr.Eme., Sud Protagonista nel superamento delle Emergenze in ambito di grave sfruttamento e di gravi marginalità degli stranieri regolarmente presenti nelle 5 regioni meno sviluppate, partenariato composto dalla Regione Puglia insieme alle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Sicilia e finanziato tramite fondi europei.

A partire dal marzo 2020, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza per la pandemia, il progetto si è sviluppato nel programma P.I.U. Su.Pr.Eme. (Percorsi Individualizzati di Uscita dallo Sfruttamento), progetto che mira a realizzare un’azione di sistema interregionale mettendo in atto delle misure indirizzate all’integrazione socio-lavorativa dei migranti come prevenzione e contrasto allo sfruttamento del lavoro in agricoltura.

Una risorsa preziosa

“La Puglia è la seconda regione per capacità produttiva agricola italiana e l’agricoltura in Italia non esisterebbe senza questi lavoratori”, ricorda il presidente della regione. “Dal punto di vista economico, l’importanza di queste persone non deriva – infatti – dal sequestrarle in clandestinità per pagare loro degli stipendi da fame, ma dal fatto che queste persone rappresentano dei ponti tra il luogo da dove partono e quello nel quale arrivano”. Così facendo si pongono le basi per sviluppare business e creare un tessuto cosmopolita che permetterebbe di superare il “provincialismo culturale del nostro paese”.

“La causa del male di tutte le politiche migratorie – fino ad ora – è stato rendere il viaggio un reato e consegnare il migrante alle organizzazioni criminali”, facendolo diventare una merce di scambio illegale, come una droga o un’arma.

Non minaccia, ma risorsa

“La pandemia ci ha insegnato tante cose”, conclude Christou. “Ci sono tante minacce per la salute e dobbiamo affrontarle con un approccio globale. Non si può più trovare una soluzione solo all’interno dei confini di un paese”, continua.

“Il Covid ci ha fatto capire che non ci dobbiamo scontrare gli uni con gli altri, ma dobbiamo lavorare tutti assieme – purtroppo però- non ce l’abbiamo ancora fatta a procedere in questo modo”, basti considerare la distribuzione molto squilibrata e sbilanciata dei vaccini”.

È arrivato il momento di cambiare l’approccio, mettendo al centro le persone e rendendo il prodotto della ricerca, i farmaci, i vaccini, dei “beni comuni, non opportunità per fare guadagni”. Quella del Covid è stata una grande lezione sul discorso della salute a livello mondiale: “problemi globali richiedono soluzioni globali e non un approccio nazionalistico. Cambiamo paradigma, e smettiamo di parlare solo di sicurezza, ma iniziamo a ragionare da un punto di vista di umanità”.

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