Scontro in casa Trump: Donald scarica la figlia Ivanka perché non crede al “furto elettorale”

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NEW YORK – Il titolo più crudele, imitato da molti, lo ha fatto il sito conservatore Drudgereport: “Don ha buttato sotto il bus Ivanka”. Ma dietro al colore della lite famigliare, sulla testimonianza della figlia di Trump alla Commissione d’inchiesta sull’assalto al Congresso del 6 gennaio, ci sono vari aspetti con importanti ramificazioni politiche e legali.

Ivanka ha fatto la prima apparizione con un breve video, trasmesso durante l’audizione di giovedì. Poco prima l’ex segretario alla Giustizia Barr aveva definito le accuse del padre sul furto delle elezioni “bullshit”, termine piuttosto volgare che in italiano si traduce “cazzate”. Interrogata in proposito, la figlia prediletta ha risposto così: “Ha avuto un effetto sulla mia prospettiva. Rispetto l’Attorney General Barr, perciò ho accettato cosa diceva”. Suo marito Jared Kushner ha aggiunto che quando aveva sentito il consigliere legale della Casa Bianca Cipollone minacciare le dimissioni, aveva pensato che “stesse solo frignando”. L’ex presidente ha risposto dalla sua piattaforma Truth: “Ivanka Trump non era coinvolta nello studio dei risultati elettorali. Si era tirata fuori da tempo, e a mio giudizio stava solo cercando di essere rispettosa nei confronti di Barr e della sua posizione di segretario alla Giustizia (lui faceva schifo!)”.

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Gli esegeti dell’ex famiglia presidenziale ci hanno letto tre messaggi. Il primo era liquidare il giudizio negativo di Ivanka, perché se neppure tua figlia crede alla “grande bugia” con cui hai fomentato l’assalto al Congresso, davvero non c’era ragione plausibile per rovesciare la più antica democrazia del mondo moderno. Il secondo era evitare lo scontro frontale, sottolineando che lei non intendeva prendere le distanze dal padre, ma solo apparire gentile con Barr e rispettosa della sua carica istituzionale. Il terzo era chiarire che lui invece non avverte questa esigenza, e intima ai sostenitori di non dare sponde ai traditori.

Il problema però è più grave di così. Ivanka è sempre stata la preferita, e infatti Donald l’aveva portata col marito Jared a Washington come consigliera a tutto campo. Lei era democratica, pro aborto, addirittura amica di lunga data di Chelsea Clinton negli ambienti liberal di New York, ma si era convertita a “Trump republican” per sfruttare l’occasione di avere il padre alla Casa Bianca. Le sue ambizioni vanno oltre la gestione del business familiare, al punto che molti la ritengono ancora una possibile candidata presidenziale.

Quando il padre aveva perso le elezioni, però, lei e Jared avevano rapidamente preso le distanze. Un paio di giorni dopo, durante la colazione nella lussuosa casa di Kalorama, il marito l’aveva informata che la famiglia si sarebbe trasferita in Florida e non avrebbe avuto alcun ruolo nella campagna per rovesciare il risultato. Questo era stato visto come un tradimento dagli alleati irriducibili di Donald, ma in parte anche dai suoi oppositori, che speravano nella funzione calmante della figlia moderata, proprio per evitare un epilogo come l’assalto del 6 gennaio. Invece Ivanka e Jared lasciarono tutto in mano a personaggi come l’esaurito Giuliani, con i risultati noti. Ora lei parla ancora regolarmente col padre, ma il marito è stato a Mar a Lago solo una volta, mentre invece ha usato i contatti stabiliti durante la presidenza per creare un fondo di investimenti da un paio di miliardi di dollari con business dall’Arabia a Israele.

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Così Ivanka e Jared cercano di camminare sopra un’insidiosa fune sospesa, per evitare la rottura con Donald, nel caso si candidasse e rivincesse nel 2024, ma anche per mettersi al riparo dalle potenziali conseguenze legali dei suoi errori, collaborando con l’inchiesta della Camera. Resta da vedere se riusciranno ad arrivare intatti alla fine della fune, perché da una parte rischiano di diventare la chiave per incriminare Trump, e dall’altra difficilmente saranno assolti dall’opinione pubblica.

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