Sentenza Alberto Genovese, le tappe della vicenda

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A quasi due anni dall’arresto Alberto Genovese oggi c’è stata la sentenza sui due casi di violenza sessuale di cui è accusato. Incapace di intendere e volere, devastato dal continuo e incessante consumo di stupefacenti e da un passato di traumi e disturbi psicologici, come hanno argomentato in questi mesi i consulenti della difesa dell’ex imprenditore di start-up. Oppure pienamente consapevole delle violenze, dell’uso di droga e alcol per annientare la volontà delle ragazze e abusarne a suo piacimento, come sostiene la procura, che ha chiesto per lui una condanna a otto anni in abbreviato. La decisione del gup Chiara Valori. Ecco le tappe di questa vicenda.

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La notte presso la Terrazza Sentimento

Sono due i casi di violenza sessuale di cui è accusato l’ex “mago delle start-up”, oggi 45enne. Quello che ne ha causato l’arresto, il secondo in ordine temporale, consumato tra il 10 e l’11 ottobre nel corso di una festa nella Terrazza Sentimento, il suo attico di lusso a pochi passi dal Duomo. Una ragazza che ha compiuto diciotto anni appena un mese prima arriva al party a Terrazza Sentimento intorno alle 22 del 10 e riuscirà a lasciare l’attico solo alle 16.30 del giorno dopo, raccolta in strada da una volante della questura in stato di shock, seminuda e con uno stivale solo.

“Mi avevano legato con le manette sia le caviglie sia i polsi – mette a verbale – . Avevo le braccia legate al corpo. Ero completamente nuda. A un certo punto ho perso i sensi. Mi sono risvegliata il giorno dopo. Ero nel letto sempre nuda, accanto a me c’era Alberto anche lui nudo. Il lenzuolo era pieno di sangue”. Un racconto che coincide con i filmati delle telecamere – 19 in tutto l’appartamento – nella sua camera da letto e in soggiorno, recuperate dagli uomini della squadra mobile, diretta da Marco Calì, che ricostruiscono frame su frame tutta la notte di abusi.

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Il caso a Villa Lolita a Ibiza

Dopo l’arresto un’altra ragazza, ventitreenne, si presenta in questura e racconta la sua storia, sovrapponibile a quella della diciottenne, vissuta pochi mesi prima, a luglio, nel corso di una vacanza a Villa Lolita a Ibiza. Anche lei afferma di aver perso i sensi dopo aver fatto uso di droga. Per questo episodio è indagata per violenza sessuale anche la ex fidanzata di Genovese, Sarah Borruso, che secondo il racconto della vittima ha preso parte alla notte di sesso.

“Ho il flash di me, Sarah e Alberto… abbiamo tirato una prima volta dallo stesso piatto… poi ha dato un’altra striscia a me e a Sarah – dichiara la vittima il 15 ottobre scorso – poi il nulla”. La ragazza ricorda di esseri svegliata piena di lividi, senza biancheria intima, “drogata fino al midollo”. Per Alberto Genovese – accusato delle due violenze e anche di detenzione e cessione di droga – l’aggiunto Letizia Mannella e i pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini hanno chiesto otto anni, una richiesta che considera lo sconto di un terzo della pena previsto per il rito abbreviato. Per la sua ex, accusata dell’episodio di Villa Lolita, la richiesta è di due anni e otto mesi.

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La difesa degli imputati

Entrambi hanno fatto dichiarazioni nelle ultime udienze davanti al gup Valori. “Le persone stavano male dopo che assumevamo la sostanza per tre giorni o dopo che per cinque non si andava a dormire, dopo che c’era un mischione continuo di ogni genere di droga – ha dichiarato Genovese, rispondendo alle domande del suo avvocato Luigi Isolabella -. Io quando andavo giù ero brutto. C’era cocaina, c’era ketamina, c’era 2C-B, c’era MD, c’era marijuana, si faceva uso di sostanze e si faceva il bagno in piscina. La droga era nei piatti, sul muretto accanto alla scala, a bordo piscina. Anche in camera mia. (…) Tutti quegli incontri a casa mia erano incontri di tossicodipendenti che vivevano una sessualità priva del suo valore, in modo promiscuo, svalutante”. E ancora: “Sono stato arrestato a un pelo dalla morte – dice – . Il mese tra il sequestro dell’attico e l’arresto è stato di gran lunga quello in cui mi sono drogato di più. Se non mi avessero arrestato, sarebbe stato l’ultimo, ho veramente toccato il fondo”. Borruso, assistita dall’avvocato Gianmaria Palminteri, ha letto un testo di dichiarazioni spontanee.

“Noi tutti partecipanti alle feste abbiamo fatto e detto cose che oggi non mi appartengono più. Ma mai avrei potuto fare male a qualcuno, mai avrei assistito a una violenza. Mai avrei fatto qualsiasi cosa senza la partecipazione e il consenso di chi stava con me. Io non ho nemmeno sfiorato la ragazza, non ho avuto nessun contatto fisico, men che meno sessuale. Non ho avuto la benché minima percezione di comportamenti violenti o di rifiuto da parte sua”. Per questo vorrebbe incontrare quella ragazza, che nelle sue dichiarazioni in aula chiama sempre per nome. “Mi piacerebbe avere un confronto con lei un giorno, da donna a donna, chiederle se ha idea di tutto quello che sto passando e se pensa che lo meriti. Nel mio cuore ho già la risposta”.

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Dopo la sentenza: le altre accuse di abusi

Per Alberto Genovese i due episodi contestati nel processo potrebbero non essere le ultime accuse. Altre ragazze lo hanno denunciato nel corso delle indagini. Il gip Tommaso Perna non aveva accolto le richieste di arresto della procura per l’ex imprenditore per altri sette episodi: un tentato stupro raccontato dalla vittima di Ibiza, precedente a quello di luglio, mentre altri sei episodi erano stati denunciati da altre due ragazze. Due giovani che avevano deciso di uscire dall’anonimato, facendosi intervistare anche in tv, ma le cui dichiarazioni erano state definite “contraddittorie” dal giudice, che aveva ritenuto necessari ulteriori approfondimenti. Nelle prossime settimane la procura dovrà così decidere se chiudere le indagini e chiedere un nuovo processo, oppure optare per l’archiviazione.

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