“Taglio dei tassi nel 2024”, le colombe provano ad avvicinare la svolta della Bce

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Nel gergo tutto sfumature dei banchieri centrali basta mezza frase al condizionale per aprire una nuova fase. E ieri l’ha pronunciata il capo della Banca centrale francese Villeroy de Galhau: il primo taglio dei tassi della Bce «dovrebbe arrivare a un certo punto nel 2024». E’ un passo, per quanto prudente, oltre la versione ufficiale uscita giovedì scorso da Francoforte, secondo cui della grande inversione nella politica monetaria è prematuro parlare. Ora invece, dopo che la Fed ha segnalato tre ribassi dei tassi per il prossimo anno e i mercati “prezzato” la svolta anche da questa parte dell’Atlantico, se ne parla apertamente. E Villeroy inaugura quello che nelle prossime settimane sarà l’ennesimo decisivo scontro tra gli euro-falchi, che ancora non considerano vinta la battaglia contro l’inflazione, e le euro-colombe, preoccupate che un ritardo nel cambio di rotta finisca per affossare l’economia, mandandola in recessione.

Panetta la colomba

In questo secondo fronte, insieme a Villeroy e ai Paesi mediterranei, è schierata in prima linea anche l’Italia, con il nuovo membro del direttivo Bce Cipollone e soprattutto con il nuovo governatore Fabio Panetta. Che nella sua prima uscita pubblica da capo di Bankitalia ha confermato e perfino rafforzato la posizione da colomba tenuta negli ultimi anni a Francoforte: “La stretta monetaria ha prodotto solo parte dei suoi effetti”, ha avvertito a fine novembre, “occorre evitare inutili danni per l’attività economica e rischi per l’attività finanziaria”. Si riferiva al processo di riduzione del bilancio della Bce, con cui la Banca inizierà a liberarsi dei titoli di Stato acquistati in emergenza durante la pandemia. Ma l’avvertimento si può estendere anche alle politiche sui tassi: “Dovranno rimanere restrittive per il tempo necessario, ma questa fase potrebbe essere più breve se la debolezza dell’attività produttiva dovesse accelerare il calo dell’inflazione”.

Guerra di numeri

Gli ultimi numeri sembrano dare corpo a questa ipotesi. A novembre l’inflazione nella zona euro è scesa al 2,4%, per il terzo mese sotto le attese e non lontana dal grande obiettivo del 2%. Mentre l’economia dà ulteriori segnali di debolezza, con le stime di crescita per il prossimo anno ridotte a +0,8% (per l’Italia +0,6) e la Germania già in recessione. Ma proprio nell’interpretazione dei numeri, la bussola della Bce in questa fase di incertezza, si misura la distanza con il fronte dei falchi, dove la Germania e ai Paesi del Nord sembrano aver tirato la presidente della Bce Christine Lagarde. Nei prossimi mesi, è la loro linea, l’inflazione dovrebbe avere un mini rimbalzo mentre il suo “nucleo” – al netto delle componenti più volatili come energia e alimentari – calerà più lentamente, anche perché ora i salari stanno salendo per davvero. “È decisamente troppo presto anche solo per pensare a una riduzione dei tassi”, aveva detto qualche giorno fa il presidente della Bundesbank Nagel. Una linea passata nella riunione di giovedì scorso, al termine della quale Lagarde ha detto che “di tassi non si è parlato per nulla”, annunciando al contrario che la fine del programma di acquisto dei titoli di Stato è stata anticipata di sei mesi, a inizio giugno.

Le parole e fatti

La durezza nelle parole serve ad evitare che le attese di un taglio dei tassi – già molto forti nei mercati, che prima di giovedì lo prevedevano addirittura a marzo – tornino a surriscaldare l’attività economica. Quella nei fatti però rischia di essere un errore considerato che, spiega l’economista Lorenzo Bini Smaghi, i tassi di interesse reali, cioè parametrati a un’inflazione che sta scendendo veloce, mostrano che la stretta monetaria sta di fatto proseguendo e proseguirà anche nei prossimi mesi, nonostante i tassi nominali siano fermi da settembre. Per questo Bini Smaghi, già membro del board della Bce e ora presidente di Société Générale, vede il rischio che «dopo aver alzato i tassi di interesse troppo tardi, la Bce possa di nuovo essere in ritardo nell’aggiustare le sue politiche ed abbassarli, con il rischio che una politica troppo restrittiva produca un atterraggio brusco dell’economia».

Le mosse delle colombe

L’uscita di Villeroy sembra dettata proprio da questo timore. E se l’impressione è che il governatore di Bankitalia Panetta in questo momento voglia centellinare le dichiarazioni ufficiali, all’inizio del prossimo anno anche lui potrebbe alzare la pressione, con un esplicito riferimento al taglio dei tassi. Una svolta infatti andrebbe prima anticipata con un cambio di messaggio ufficiale, simile a quello della Fed ha fatto la scorsa settimana. E se la Bce lo facesse a marzo, il primo taglio potrebbe arrivare a giugno. Troppo tardi, secondo alcuni, e per nulla scontato, viste le resistenze dei falchi.

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