Caso Ilaria Salis, i giudici di Milano: “No all’estradizione di Gabriele Marchesi, in Ungheria c’è il rischio di trattamento inumano”. E torna libero

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Nel giorno in cui Ilaria Salis rimane in carcere a Budapest, la Corte d’appello di Milano (giudici Fagnoni-Caramellino-Revera) dice “no” alla consegna di Gabriele Marchesi – indagato assieme alla maestra e detenuto ai domiciliari in Italia – all’Ungheria. Revocata ogni misura cautelare, disposta la liberazione. “Sono contento”, le sue uniche parole alla fine dell’udienza, quando ha abbracciato il suo avvocato, Mauro Straini, e un amico che ha assistito all’udienza.

Dopo mesi di udienze e richieste dei giudici italiani alla giustizia ungherese, a partire dalla possibilità di trovare uno strumento alternativo al mandato di arresto europeo di Marchesi, visto che l’attivista ha sempre rispettato le misure imposte dai domiciliari, oggi è arrivata la decisione dei giudici.

Sono molto lontano da qualsiasi ipotesi o accenno politico. Ma non viviamo in una bolla di vetro. C’è un principio di proporzionalità, fondante in Italia e in Europa: impone che lo scopo dietro ogni azione debba essere perseguito in modo che comprima il meno possibile i diritti”, aveva detto il sostituto procuratore generale Cuno Tarfusser, opponendosi nuovamente alla consegna dell’attivista di 23 anni, indagato assieme all’insegnante per i fatti avvenuti nel 2023 a Budapest: secondo le accuse, i due avrebbero partecipato all’aggressione di tre militanti neonazisti durante il “Giorno dell’Onore”.

Marchesi, aveva ricordato Tarfusser, nel Paese guidato da Viktor Orbàn rischia dai 2 ai 24 anni di carcere, “una forbice ampia”, per delle lesioni “che da noi sarebbero considerate lievissime”. “Non posso fare altro che insistere ulteriormente” nel respingere la consegna, aveva concluso.

Già gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini, difensori di Salis e Marchesi, si erano opposti alla consegna come la Procura generale. Due in sostanza le motivazioni: la “sproporzione” della pena che gli indagati rischiano in Ungheria a fronte dalle lesioni guaribili in pochi giorni subite dai militanti di estrema destra e il rischio di violazione dei diritti umani nelle prigioni ungheresi.

Le motivazioni del no dei giudici alla richiesta dell’Ungheria

I giudici spiegano di avere il dovere di verificare la “fondatezza dei timori sui rischi di privazione dei diritti fondamentali” e di un “rischio di sottoposizione a trattamento inumano e degradante”. Il tutto alla luce anche di una risoluzione del Parlamento Europeo che ha “rinnovato la propria preoccupazione in merito al deterioramento dello Stato di diritto e della situazione dei diritti fondamentali in Ungheria”.

Anche per la situazione delle sue carceri. Nelle quali, oltre al sovraffollamento, mostrano “rilevanti carenze nei nei servizi essenziali: latrina non separata dalla cella, infestazione di insetti, acqua solo fredda, doccia una sola volta a settimana, insufficienza di luce naturale, cimici, numero insufficinete di insetti per cella”.

Viene sottolineato che tutto ciò avrebbe ovviamente un impatto su Marchesi, “giovane dotato di fissa dimora, regolarmente occupato, totalmente sconosciuto ai penitenziari italiani”. Incensurato, si è sempre presentato alle udienze “in buon ordine, puntualissimo e con contegno riservato e cortese”.

I giudici ritengono che la reclusione in Ungheria “comporterebbe un rischio reale d’impatto sulle sue condizioni psichiche”. Dovrebbe affrontare “gravi carenze comunicative”, senza contare che il Paese di Orbàn non ha indicato in quale penitenziario il 23 enne sarebbe recluso. “Nemmeno risultano le effettive misure di precauzione delle violenze all’interno del carcere tra detenuti e la capacità della loro gestione”. Ancora, “il consegnato potrebbe essere percepito come parte di una minoranza di opinione interessata da conflittualità intense”, quindi potrebbe essere vittima di “azioni violente” da parte di chi ha idee di segno opposto”.

Inoltre non sono state fornite “informazioni su quale istituto di pena” accoglierebbe Marchesi, e in generale “non si può escludere un trattamento inumano e degradante”. Potrebbero essere lesi “uno o più suoi diritti fondamentali”. C’è infine un “principio proporzionalità”, visto che il 23 enne è incensurato, giovane età, ha avuto un comportamento ideale e di correttezza ai domiciliari. “La carcerazione potrebbe aggravare seri pregiudizi alla vita del consegnato”.

Fuori dall’aula, Marchesi si è limitato a una breve dichiarazione dicendo ai cronisti presenti: “Sono contento”.

“Verifica rispetto diritti è una garanzia per tutti”

“Non è la prima volta che viene rigettata una richiesta di consegna a un altro Paese dell’Unione Europea. E questo perché è un dovere continuo e inderogabile verificare il rispetto dei diritti fondamentali. Questa è una garanzia per tutti noi. E’ una garanzia per il sistema democratico”, dice l’avvocato Mauro Straini. “E’ molto sollevato ma, essendo molto giovane, è anche frastornato”, dice riferendosi a Marchesi. Per il legale si tratta di un “verdetto che riconosce la fondatezza delle nostre considerazioni basate su plurime fonti che hanno consentito di ritenere fondato il rischio di un trattamento inumano”. Straini ha anche detto di voler “escludere che questa decisione possa condizionare il processo di Ilaria Salis”.

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