Covid, così Franceschini spera di riaprire cinema e teatri a fine marzo: biglietti nominali, niente pop corn e posti distanziati

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Riaprire cinema e teatri, far ripartire gli spettacoli dal vivo ed estendere anche al weekend e ai festivi, evitando però le resse stile Musei Vaticani, le visite a mostre e musei nelle Regioni in zona gialla. Sono i tre punti che il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini ha discusso ieri con il Comitato tecnico scientifico. Un incontro con gli esperti durato circa un’ora e mezzo che il responsabile della Cultura, in verità da sempre sostenitore della linea del rigore accanto al collega Roberto Speranza, chiedeva da inizio febbraio per dare un segnale difronte alle pressioni sempre più insistenti dei lavoratori dello spettacolo fermi da un anno tra sale chiuse, sipari abbassati, casse spente.

Sul tavolo del Cts, Franceschini ha depositato i cosiddetti protocolli integrativi di sicurezza elaborati dalle Direzioni generali del Mibact sulla base dei documenti forniti dalle associazioni di categoria. Ora gli esperti si sono presi del tempo, non molto visto che le indicazioni arriveranno prima del prossimo Dpcm, per valutare le proposte avanzate dal ministro. E già venerdì dovrebbe arrivare il primo parere. Si parla di una “cauta prospettiva di aperture” che dovrebbe entrare nel decreto Draghi.

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Le date: 27 marzo o 6 aprile

A oggi c’è un’ipotesi, suggestiva, che potrebbe però scontrarsi con la ripresa dell’epidemia e le varianti che preoccupano e che, sempre secondo il Cts, potrebbero diventare prevalenti verso metà marzo. La data ipotizzata per la riapertura sarebbe quella del 27 marzo, Giornata mondiale del teatro. In alternativa si parla del 6 aprile, all’entrata in vigore del Dpcm di primavera.

Il protocollo per cinema e spettacoli

Ma quali sono le misure contenute nel protocollo, che riguarda comunque solo le Regioni gialle? Per gli spettacoli dal vivo e per le proiezioni al cinema è necessario fissare una “capienza massima non univoca” (non ci sono dunque percentuali come per gli autobus) che tenga conto degli spazi e che dev’essere decisa assieme agli organi territoriali. C’è però l’indicazione di un numero massimo di spettatori: 500 per gli eventi al chiuso, 1500 per quelli all’aperto (nell’ultimo decreto prima delle chiusure erano rispettivamente 200 e 1000). Tra una persona e l’altra ci dev’essere una distanza minima di almeno un metro, anche tra file, ma questo non vale se gli spettatori sono conviventi: mamma, papà e figlio, due fidanzati o due coinquiline possono prenotare i posti uno affianco all’altro; tre amici no. I biglietti, è un’altra proposta, devono essere nominali, come allo stadio, per facilitare il tracciamento in caso di contagi. E devono essere venduti online per evitare le file alle casse. Niente contanti è l’indicazione per evitare troppi passaggi di soldi da una mano all’altra. Mani che vanno igienizzate grazie ai dispenser. Come le sale, da sanificare prima e dopo ogni show.

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Obbilgatorio l’uso delle mascherine per tutta la durata dello spettacolo; per gli “addetti ai lavori” il tipo imposto è l’Ffp2. All’entrata verrà misurata la febbre e sarà fatta firmare un’autocertificazione sulla buona salute degli spettatori. In sala dovranno essere ribadite in italiano e in inglese le norme di comportamento, modello aeroplano. Niente più pop corn in sala: vietato mangiare e bere per evitare di abbassarsi la mascherina. Altro paletto: l’orario, che non potrà superare le 22, ora in cui scatta il coprifuoco serale (ma sarà possibile tornare a casa dopo il teatro o il cinema). Rigide pure le norme per il retropalco, i camerini e la produzione. L’ideale, che s’infrange però contro la struttura di molte sale, sarebbe garantire un’areazione costante: lavori di ristrutturazione che in pochi possono permettersi e per cui c’è comunque poco tempo. L’alternativa sarebbe reintrodurre l’intervallo obbligatorio tra primo e secondo tempo, superato ormai in quasi tutte le sale, facendo uscire e rientrare gli spettatori e gestendo i flussi con percorsi e soste che non facciano assembrare le persone. Tutt’altro che semplice e realistico.

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Ritorno al museo anche nel weekend

C’è poi l’ipotesi di estendere al weekend e ai festivi le visite nei musei e alle mostre che hanno perso tra il 75 e l’80% di visitatori rispetto a un anno pre-pandemico. Ora, per dare un’idea, con l’apertura dal lunedì al venerdì il Colosseo fa in un giorno quel che prima faceva in un’ora in termini di turisti e appassionati. C’è da studiare però, nei siti più affollati, un sistema in grado di evitare “tappi” di gente in sala con ingresso a numero chiuso e tempi massimi di permanenza davanti alle opere.

Franceschini la sua mossa l’ha fatta. Saranno però i dati delle prossime settimane a dare indicazioni sulle reali chance di riapertura: se la curva, come sembra in questi giorni, dovesse ulteriormente impennarsi, scatterebbero per le Regioni le zone arancioni e rosse e quindi la questione non si porrebbe. In caso di zona gialla, il Cts è pronto a valutare la riapertura subordinata al rigido rispetto dei protocolli.

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