Francesco in Iraq, dove nessun Papa è mai arrivato. Da Bagdad a Mosul, ecco l’agenda della missione

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A BORDO DEL VOLO PAPALE – A distanza di ventuno anni dalla “Lettera sul pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza” nella quale Giovanni Paolo II espresse il desiderio di visitare l’Iraq – allora Saddam Hussein non glielo permise – Francesco si inoltra laddove nessun Pontefice è mai giunto. Il Papa è appena atterrato a Bagdad, capitale del primo Paese a maggioranza sciita visitato da un successore di Pietro.

L’agenda

Ad attendere Francesco quindici mesi dopo l’ultimo viaggio prima dello scoppiare della pandemia – nell’autunno del 2019 andò in Thailandia e Giappone –, c’è un Paese dilaniato dalla prepotenza dell’Isis e dalle battaglie intestine fra miliziani di diverse etnie. Ancora si fanno sentire, i miliziani e quel che resta dell’Isis, nelle regioni più remote ma non solo. È di un mese fa la strage compiuta da due kamikaze nel mercato all’aperto di Piazza Tayaran a Bagdad. L’attacco è stato rivendicato dall’Isis. Nei giorni scorsi, invece, alcuni avamposti statunitensi hanno subito il lancio di razzi.

Il Papa in Iraq tra i cristiani che resistono

La sicurezza, che in questo viaggio viene garantita dai servizi iracheni insieme alla gendarmeria vaticana, preoccupa non poco anche se nelle scorse ore è stato il vescovo di Erbil, Bashar Warda, ad assicurare a Repubblica che almeno nel Kurdistan iracheno la situazione è tranquilla”. “Non ci sono minacce – ha raccontato –. In passato gruppi di miliziani a Bagdad e Mosul hanno sfruttato il momento per portare avanti la loro agenda. Hanno attaccato i cristiani in quanto cristiani. Li hanno attaccati per impadronirsi delle loro ricchezze e delle loro proprietà. Ma oggi la situazione è diversa. Non vedo pericoli particolari”.

Oggi a Bagdad

Bagdad, la Piana di Ur, la città di Erbil, Mosul e Qaraqosh nella Piana di Ninive. Sono cinque gli appuntamenti clou del viaggio del Papa. Oggi l’arrivo a Bagdad, l’incontro col presidente del Paese, le autorità, il corpo diplomatico e poi l’incontro con vescovi, sacerdoti e religiosi nella Cattedrale siro cattolica Nostra Signora della salvezza. Qui nel 2012 furono trucidate 48 persone. Qui, un sentiero di marmo rosso dall’altare fino al sagrato ricorda il loro sacrificio.

Domani a Najaf

Domani Francesco si sposta a Najaf dove incontra il Grande Ayatollah Sayyid Ali al-Husaymi al-Sistani, principale guida sciita. L’incontro con l’Ayatollah è un importante tentativo di instaurare un rapporto simile a quello stretto due anni fa con il gran imam di Al-Azhar, riferimento del mondo sunnita. Sono sponde importanti per il Medio Oriente e per tutto il mondo. È la strada del dialogo da sempre perseguita dalla Santa Sede che negli ultimi anni vede nei confronti del mondo islamico i suoi sforzi più decisivi.

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La visita alla Piana di Ur è forse il momento più simbolico del viaggio. Nella terra del patriarca Abramo a cui anche ebrei e musulmani guardano come a un modello di incondizionata sottomissione al volere di Dio, Francesco ritornerà ancora una volta sulla necessità del dialogo: “In questi tempi duri di pandemia – ha detto ieri in un video messaggio inviato al popolo iracheno – , aiutiamoci a rafforzare la fraternità, per edificare insieme un futuro di pace. Insieme, fratelli e sorelle di ogni tradizione religiosa. Da voi, millenni fa, Abramo incominciò il suo cammino. Oggi sta a noi continuarlo, con lo stesso spirito, percorrendo insieme le vie della pace!”.

Domenica nel Kurdistan

Domenica ci saranno diversi spostamenti: Francesco andrà a Erbil, nel Kurdistan iracheno, dove molti profughi si sono rifugiati dai giorni degli attacchi dell’Isis. Qui, in particolare, ha trovato rifugio la minoranza yazida, perseguitata e oggi da tutti dimenticata. Il Papa incontrerà alcuni yazidi a Ur, confermando la volontà di tenere in cima alla sua agenda le minoranze, gli emarginati: “Fin da quando è stato eletto al soglio di Pietro – ha detto sempre Bashar Warda – Francesco ha chiesto alla Chiesa di andare verso le comunità più emarginate, quelle ‘fuori dai radar’. Se guardiamo tutti i suoi viaggi egli stesso per primo ha fatto così: andare verso i Paesi più lontani, visitare le comunità ai margini. Adesso tocca a noi. E di questo siamo immensamente contenti”.

L’arrivo a Mosul

Quindi l’arrivo a Mosul, ultima roccaforte dell’Isis in Iraq, dove pregherà prega per le vittime della guerra. Poi Qaraqosh dove incontrerà la comunità nella chiesa Immacolata Concezione, e di nuovo a Erbil per la Messa nello stadio “Franso Hariri”. Alla Messa entreranno un terzo delle persone che potrebbero essere accolte. La volontà del Papa e di tutti è di non creare assembramenti. Francesco lo ha detto un mese fa a dei giornalisti della agenzia cattolica americana Cns: anche se le esigenze di distanziamento sociale comporteranno che la maggior parte degli iracheni vedrà gli eventi solo in televisione, l’importante è che “vedranno che il Papa è lì nel loro paese”. E ancora: “Sono il pastore delle persone che soffrono”.

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“Siete tutti fratelli” è il logo della visita tratto dal Vangelo di Matteo. Iraq è culla di civiltà, terra di Abramo e anche dei profeti Ezechiele e Giona, luogo dove il popolo della Promessa soffrì l’esilio babilonese. Dire “fratelli tutti” significa sgombrare il campo da griglie interpretative fuorvianti, a partire, scrive l’agenzia Fides, da quelle che insistono a presentare la visita come una operazione volta a “rafforzare” la posizione sociale e politica dei cristiani nelle convulsioni mediorientali. “Il Papa – chiarisce non a caso sempre a Fides il cardinale Luis Raphael Sako, patriarca caldeo di Bagdad – non viene a difendere e proteggere i cristiani. Il Papa non è il capo di un esercito». Piuttosto, «incoraggerà i cristiani, porterà loro conforto e speranza per aiutarli a perseverare, a sperare e anche a collaborare con gli altri cittadini”.

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