In Cile, nell’oasi delle stelle dove si vive di notte: “Sveglia al tramonto e occhi verso il cielo”

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Paranal (CIle) — Con le scarpe ancora impolverate di deserto ti chiudi la porta alle spalle e trovi una foresta tropicale. È il benvenuto della Residencia, la città delle stelle e dei telescopi, che spunta dal nulla nel deserto di Atacama. A 2.600 metri sulla cima di Cerro Paranal tutto funziona al contrario: per catturare la luce degli astri ci si immerge nel buio. Di giorno i cartelli invitano al silenzio per far riposare gli astronomi e poco prima del tramonto si fa colazione.

Un giro in senso orario, uno antiorario, una flessione da sotto in su. Si può far ruotare un telescopio da 400 tonnellate (un jumbo jet) con una mano: è poggiato su una lamina d’olio per eliminare l’attrito. Mentre il Sole si tuffa nel mare di nuvole ai piedi delle Ande, i 4 telescopi di Cerro Paranal si sgranchiscono in vista di una notte di lavoro. Compongono Vlt, il Very Large Telescope, gestito dall’ente scientifico Eso, European Southern Observatory: 16 membri fra cui l’Italia. A manovrare i telescopi è un centinaio di tecnici, ingegneri e astronomi, imbarcati a Paranal – 108 chilometri dal centro abitato più vicino, pioggia ogni 4 anni, gli avvoltoi come unica forma di vita – come su una nave intergalattica.

«Le condizioni di vita sono difficili. Facciamo di tutto per favorire il benessere» dice Vanessa Peidro, responsabile della Residencia. La sindaca della città delle stelle mostra la piscina e le palme: «Restituiscono umidità all’organismo: fuori è quasi zero». E poi la mensa sempre aperta (ombelico della Residencia), cinema, sala musica, palestra, campo da calcetto e ping pong, tutto fruibile senza soldi: a Paranal non esistono. «Le camere sono uguali per tutti, vip inclusi. E qui non si serve alcol. Solo in occasioni molto speciali».

Ogni sera al tramonto le cupole dei telescopi si spalancano. Gli astronomi assistono come a un rito, pronti a prendere i comandi dei loro 8,2 metri di specchio. Fino all’alba i “noceros”, i turnisti della notte, cavalcheranno nebulose ed esopianeti (qui nel 2004 fu osservato il primo pianeta in orbita attorno a una stella), galassie e buchi neri (da trent’anni a Paranal si segue il movimento delle stelle nella sfera d’influenza del buco nero della Via Lattea). «Cieli sereni» è l’augurio che ci si scambia, con l’unica moneta corrente valida quassù: tavolette di cioccolata. Il migliore degli auspici però è il raggio verde: un lampo nel cielo che coincide con l’ultimo barlume del sole al tramonto. «L’ho visto la prima sera che ero qui, all’inizio del dottorato», ricorda Eleonora Sani da Siena, 9 anni a Paranal, vicedirettrice delle operazioni scientifiche di Vlt.

Vivere in isolamento, nonostante gli accorgimenti, resta pesante. Internet è solo negli spazi interni. La linea telefonica è a due ore di macchina. «Qui non ci raggiunge nessuno. Mi concentro sul lavoro, poi torno a casa e ho tempo per i figli. Mi piace questa vita divisa in due. Anche diverse coppie si sono formate qui» racconta Juan Pablo Gil, ingegnere e capo della band musicale di Paranal: musica classica o heavy metal, «a seconda di chi è di passaggio».

Alla nascita dell’Eso, negli anni ’60, le strade nel deserto erano accidentate e i turni duravano tre mesi, con qualche segno di squilibrio del personale. Oggi il turno tipico prevede 8 giorni a Paranal e 6 di riposo. È vietato superare i 15 giorni di lavoro. Prima di guadagnare casa però bisogna attraversare il deserto e imbarcarsi sul volo tra la città mineraria di Antofagasta e Santiago. «È un aereo diviso fra minatori e astronomi», sorride Juan Carlos Muñoz, spagnolo, veterano di Paranal. Chi scava sottoterra e chi estrae segreti dal cielo.

Né l’isolamento è l’unica compagnia, nella città delle stelle. Anche il buio dopo il tramonto è una presenza ingombrante. Per non disturbare i telescopi è necessario che dalla Residencia non trapeli un barlume. Al tramonto la cupola trasparente di 35 metri che sovrasta la foresta tropicale è coperta da un tendone. Le finestre delle stanze e delle sale comuni si sigillano. All’aperto, prima che gli occhi si abituino, si viene afferrati da un buio totale, una sensazione ancestrale, con un cielo stellato bello come un cinema. Ecco perché insieme alla chiave della stanza c’è un lumino anti-paura. Neanche la sindaca di Paranal si è ancora assuefatta. «Dopo tanti anni per uscire chiedo sempre a qualcuno di accompagnarmi».

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