La festa dei giovani a Casal di Principe: “Miracolo di don Diana, qui la camorra ha perso”

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«Credo che il Venerdì Santo del 2024 possa essere indicato come il giorno preciso della morte definitiva dei clan dei Casalesi». È categorico Roberto Fusciello, 41 anni, uno dei molti che hanno contribuito a spingere in avanti il cambiamento di Casal di Principe attraverso la partecipazione attiva alla vita sociale e culturale del Comune alle porte di Napoli. Attualmente, oltre ad essere vice presidente della Pro Loco, è anche tra i responsabili del progetto Rest-Up che coinvolge i minori a rischio. Al centro di piazza Mercato Roberto anima un capannello con tanti giovani. Il giorno dopo la notizia del pentimento di Francesco Schiavone nelle strade, nei bar, nei capannelli, non si parla d’altro.

«Il pentimento di Francesco Schiavone è arrivato come un fulmine a ciel sereno — dice ancora Roberto —. Non ce l’aspettavamo, ma forse è il frutto di un lavoro continuo, lento, a volte sotterraneo che c’è stato in questi anni. È arrivato in modo inatteso. Qui c’era l’idea che questi boss, il vertice della cupola mafiosa, nonostante fossero al 41 bis e sotterrati da anni di ergastoli, non si sarebbero mai pentiti. Con la scelta di Schiavone salta anche questa certezza. Perciò dico che quello che è avvenuto certifica la sconfitta dei clan».

Tra le giostrine del Parco Don Diana, all’ingresso della città, ci sono mamme che accompagnano i loro bambini per farli svagare un po’. «Per noi era già tutto cambiato — dice una giovane donna sui trent’anni, capelli corti e giacca blu —. Speriamo che ora si possa mettere una pietra definitiva sul passato».

Anche Gianluca Natale, il giovane presidente dell’associazione CasaleLab, è convinto che la scelta di Francesco Schiavone di collaborare con lo Stato, chiuda definitivamente la partita con i clan. E spiega: «Speriamo solo che le sue dichiarazioni possano far luce su tante vicende ancora oscure e portare la verità in tutte quelle situazioni in cui ad oggi non c’è stata chiarezza. È importante che le istituzioni, la società civile, e le future generazioni continuino ad essere sentinelle del nostro territorio. Non possiamo dimenticare».

C’è un’aria diversa anche dalle parti di via Bologna, dove c’era l’abitazione di Francesco Schiavone, in parte confiscata e affidata all’associazione “La forza del Silenzio”, che ospita oggi una sessantina di ragazzi con problemi di autismo. La notizia del pentimento li ha sorpresi, ma neanche ferma la loro attività.

«Quando nel 2009 entrammo in possesso di parte di questa abitazione — racconta Enzo Abate, presidente dell’associazione — l’altra metà fu restituita agli Schiavone. Tornarono tutti i familiari, compresa la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa (poi diventata anche lei collaboratrice di giustizia, ndr). Ci volle coraggio per entrare nella parte di villa a noi destinata, ma devo ammettere che Nappa ci disse che aveva “piacere” che ci fossimo noi in quel bene confiscato, che rispettava quello che volevamo fare per i ragazzi». Gli inizi dell’associazione furono difficili. «Nessuno – ricorda ancora Abate — voleva avere a che fare con villa Schiavone, nessuno ne voleva parlare; poi con gli anni la mentalità, specie dei giovani, è cambiata, ed oggi siamo un punto di riferimento».

«Un miracolo. Il pentimento di Schiavone è uno dei miracoli di don Peppe Diana», dice una donna nei pressi della chiesa di San Nicola di Bari, quella in cui don Peppe fu ucciso dalla camorra il 19 marzo del 1994, trent’anni fa esatti. Altre donne che stanno per entrare in chiesa per le funzioni del sabato santo, annuiscono. «Finalmente ora possiamo dire che questa città sta veramente cambiando».

«Era una cappa opprimente. Ora possiamo dire che ce ne siamo liberati definitivamente — dice con il sorriso Franco Romano, 32 anni di professione pizzaiolo — io sono uno che aveva solo una strada davanti, quella della camorra. Ma ho fatto di tutto per restarne fuori. Io e mia madre abbiamo sofferto la fame. Abitavamo in un quartiere dove altri hanno fatto scelte diverse. Me ne sono andato tre anni e mezzo in Inghilterra e lì ho imparato il mestiere del pizzaiolo. Oggi, grazie a Dio sono ritornato qui e finalmente trovo una città che è cambiata. Hanno perso, quelli. E io ne sono contento».

Intanto a Casal di Principe si scava per ordine della Dda nei terreni di via Sondrio alla ricerca di rifiuti tossici e non solo, in passato buttati lì dai clan. Si cercano anche indizi su eventuali corpi sepolti negli anni passati. Anche così si tenta di fare luce sul passato.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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