Palermo, il ritorno dei mafiosi scarcerati. Nuovo blitz, 9 in manette. L’allarme del direttore centrale anticrimine: “I boss non si fermano”

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Nel 2008, Carmelo Giancarlo Seidita era già stato arrestato con l’accusa di essere un autorevole padrino: “Ha svolto il ruolo di reggente del mandamento mafioso della Noce – scrivevano i magistrati della procura di Palermo – ha costituito un punto di riferimento mafioso per il controllo di lavori pubblici e l’imposizione del pizzo alle imprese”. Quattordici anni dopo, Seidita è tornato in carcere con le stesse accuse. E con lui altri quattro scarcerati del clan. Sono in tutto nove gli arrestati dell’ultimo blitz della squadra mobile scattato stanotte in uno dei quartieri del centro città. L’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Dario Scaletta e Giovanni Antoci porta in carcere non solo Seidita ma anche Guglielmo Ficarra, Giovanni Giordano, Giacomo Abbate, Salvatore Cinquemani, Angelo De Stefano, Benedetto Di Cara, Daniele Formisano e Vincenzo Landolina, Francesco Scaglione è ai domiciliari. 

I boss scarcerati

“La sola detenzione sembra non essere stata efficace a recidere il legame tra il condannato e l’organizzazione mafiosa”, è la prima considerazione del prefetto Francesco Messina, il direttore centrale anticrimine della polizia di Stato. “La detenzione carceraria per la durata della pena comminata non ha consentito il recupero del condannato, né la sua rieducazione tanto che riguadagnata la libertà gli odierni indagati hanno ripreso a perseguire gli interessi delle famiglie mafiose di appartenenza”. Una constatazione che è un allarme: “La sola detenzione dunque sembra non essere stata efficace a recidere il legame tra il condannato e l’organizzazione mafiosa. Esiste una sorta di specialità del detenuto mafioso che finisce necessariamente per legittimare nei suoi confronti un trattamento detentivo peculiare”. Una questione che incide nel dibattito sull’ergastolo ostativo. La concessione di permessi ai boss potrebbe avere effetti devastanti: “Resta ancora valido quanto disse il pentito Tommaso Buscetta al giudice Falcone – ricorda il prefetto Messina – dall’organizzazione mafiosa si esce solo in due modi – o con la morte, o con la collaborazione di giustizia».

L’indagine

Stessa considerazione vale per altri cinque scarcerati che stanotte sono tornati in galera. Le indagini della sezione Criminalità organizzata della squadra mobile diretta da Marco Basile raccontano di un mandamento mafioso che aveva ricostituito tutte le figure di vertice: sono stati arrestati i capi delle famiglie di Noce, Cruillas-Malaspina ed Altarello. La riorganizzazione mafiosa che hanno portato avanti si fondava su nuove imposizioni di pizzo, sulle scommesse on line e sulla droga.

Dice il questore di Palermo Leopoldo Laricchia: “Con l’operazione antimafia è stato disarticolato il mandamento mafioso della Noce, arrestando il presunto capo mandamento e u capo famiglia di Cruillas/Malaspina, Noce e Altarello. Capi e stretti collaboratori che avevano steso una rete intimidatoria sui quartieri, riscuotendo il pizzo da imprenditori di tutte le attività, anche le più piccole, gestendo le piazze di spaccio, indicando e autorizzando le stesse occupazioni abusive di immobili e, naturalmente, controllando lo spaccio in tutto il mandamento”.

“Nel corso di una riunione del vertice mafioso – scrive la questura in un comunicato – sarebbe stato rimproverato al capo famiglia della Noce, l’avvenuto aumento di nuove attività commerciali che andavano sottoposte a un più incisivo controllo, sicché quest’ultimo si sarebbe impegnato a fare il possibile per riportare il territorio e le relative attività economiche sotto il totale controllo della famiglia, nonostante fosse conscio dei rischi connessi ad una sua sovraesposizione nella riscossione del pizzo”. La riorganizzazione mafiosa riparte dai quartieri.

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