Paragonarono la compagna di classe all’ebola, i giudici: “I baby-bulli vanno rieducati, non puniti”

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I bulli vanno rieducati e non puniti. Questo l’orientamento della Procura presso il Tribunale per i minori di Roma, al termine dell’inchiesta aperta sul gruppo di studenti di una terza media del basso Lazio accusato di aver tormentato una compagna di 13 anni arrivando a paragonarla all’Ebola, invitando tutti a non toccarla e a non sfiorare neppure gli oggetti toccati dalla ragazzina.

La terribile vicenda di bullismo e cyber bullismo, come già riportato da Repubblica, è iniziata nel dicembre scorso dopo un litigio tra la vittima e due compagne di classe per un ragazzino conteso. Quelli che fino a quel momento erano i suoi amici hanno iniziato a denigrare e a insultare la tredicenne. Hanno poi creato una chat contro di lei, il “Gruppo Anti Ebola”, e sono arrivati persino a diffondere una filastrocca per colpire ancor più nel profondo la coetanea: “Tu-tu-tu per quanto sei grossa non passi dalla porta”.

La minore ha iniziato a star male, non voleva più andare a scuola, ma la denuncia che con coraggio ha presentato la mamma ha fatto venire a galla quanto stava accadendo e ha consentito alle istituzioni di intervenire prima che fosse troppo tardi. La polizia postale ha indagato, segnalando 15 minori e ipotizzando i reati di istigazione al suicidio e stalking, e la Garante per l’infanzia del Lazio, Monica Sansoni, ha tenuto degli incontri a scuola, a cui hanno preso parte tanto la vittima quanto i bulli.

Quelle iniziative, per la Procura, hanno funzionato. Gli inquirenti hanno così ora chiesto al gip di archiviare l’inchiesta, che conta un totale di tre indagati, evidenziando che, “grazie alla denuncia sporta e all’attivazione di opportuni interventi nell’ambito scolastico, le condotte denunciate dalla persona offesa appaiono allo stato cessate e gli indagati mostrano di aver compreso gli sbagli commessi”.

La Procura, allo stesso tempo, ha però disposto per gli stessi indagati un processo di giustizia riparativa. Un percorso dunque di rieducazione, tra l’altro già avviato, in cui fondamentale sarà il ruolo delle stesse famiglie. Sinora c’è stato purtroppo chi non ha aderito alle prime iniziative, ma c’è tempo per recuperare. E la creazione di una cultura del rispetto, in casi del genere, è molto più efficace di un processo.

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