Porta in tribunale il figlio trentenne che non cerca lavoro e non va via di casa. Il giudice gli dà ragione: deve andarsene entro tre mesi

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Si è rivolto alla giustizia per convincere il figlio trentenne a trovarsi un lavoro, a rendersi indipendente economicamente e a lasciare casa. Questo, così come è stato spiegato, è il senso dell’iniziativa legale di un genitore che, alla fine, ha ottenuto ragione: l’ottava sezione del tribunale civile di Torino, con la formula del “rilascio dell’immobile”, ha intimato al giovane di andare a stabilirsi per conto proprio entro tre mesi. La vicenda riguarda una famiglia piemontese. Il figlio si è diplomato a 19 anni in un istituto tecnico e da allora ha svolto solo lavori saltuari. L’avvocato Federica Viotto, che ha assistito il papà insieme alla collega Chiara Messana, parla di “iniziativa molto sofferta che ha avuto una finalità educativa”. L’idea era che il figlio doveva diventare consapevole della necessità di costruirsi il proprio futuro anche perché i genitori non potranno sempre prendersi cura di lui. Il giovane si è giustificato con la difficoltà nel reperire una occupazione stabile. Dopo un tentativo di conciliazione stragiudiziale non andato a buon fine è stato attivato il procedimento civile, durante il quale il trentenne ha comunicato al tribunale di avere trovato un lavoro come operaio e, dopo un periodo di tirocinio, di avere ottenuto un contratto a tempo pieno. I giudici hanno stabilito che non ci sono “cause ostative” alla capacità del giovane di lasciare casa. Il codice civile, nella parte dedicata alla famiglia, ha un articolo in cui afferma che un figlio “in relazione alle proprie capacità e al proprio reddito deve contribuire al mantenimento della famiglia finché convive con essa”.

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