Regionali in Abruzzo, Lino Guanciale: “Il territorio va rispettato. La destra ragiona per linee di sangue”

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PESCARALino Guanciale, come finisce domenica nel suo Abruzzo?

«Spero finisca bene per la mia regione, e ovviamente ho la mia idea su cosa questo significhi. Non ho mai dato consigli elettorali, e non comincerò adesso».

Però?

«Luciano D’Amico ha fatto una campagna eccellente, di straordinario ascolto del territorio, e ora quello che mi auguro è soprattutto che vadano a votare più persone possibile: vedere un astensionismo così alto fa male a chiunque ami la politica e la democrazia».

Qual è il legame con la sua terra?

«Il legame è fortissimo. Basti dire che per diversi anni ho diretto il teatro di Avezzano, la mia città, senza chiedere mai nemmeno un rimborso spese, solo per cercare di restituire quello che la mia terra mi ha dato quanto a formazione intellettuale e caratteriale».

Vi torna spesso?

«Mai quanto vorrei, purtroppo. Ma ho lì radici e affetti fondamentali, oltre a gran parte dei miei familiari, quindi mi interesso alla crescita della regione impegnandomi in ogni modo possibile».

Sta dando una mano al centrosinistra?

«Sono sempre stato un progressista. L’ho sempre detto».

Cosa significa essere progressisti?

«Credo che tanta parte dell’innovazione di cui abbiamo bisogno, non solo in termini tecnologici, scientifici ed economici, ma anche riguardo ai diritti civili e sociali, passi dal dialogo e dalla sinergia fra moderati e sinistra».

Perché la destra riesce a imporre persino un candidato che viene da fuori?

«La forza della destra non è un male in sé, anzi: il sale della democrazia è la dialettica fra parti politiche ed elettorati solidi. Il tema vero è il rispetto autentico della territorialità, che non passa dalle linee di sangue, certo, ma di sicuro passa dalla conoscenza profonda. Certe contraddizioni sono piuttosto oggettive».

Cosa l’ha colpita finora della campagna elettorale?

«Io credo che il discorso politico di D’Amico abbia centrato dei nodi fondamentali, dalla crisi della sanità a quella del lavoro, dalla prospettiva delle aree interne fino alla centralità della ridefinizione del modello di sviluppo culturale della regione, e mi ha colpito la sua capacità di declinare tutto questo in un dialogo capillare coi territori. Un modo sano di fare politica».

È giusto che un artista si impegni politicamente?

«Io credo di sì: sempre nel rispetto più sincero delle posizioni altrui. Non si tratta di trasformarsi in influencer elettorali, ma di comportarsi da cittadine e cittadini completi».

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