Truffa del Pnrr, nella Ue otto inchieste su dieci riguardano l’Italia: “E siamo solo all’inizio”

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Il prestanome di Matteo Messina Denaro all’ufficio tecnico del Comune di Limbiate, Lombardia. Le grandi opere da realizzare a Roma, oppure in Emilia Romagna. Le incompiute tra la Calabria e la Sicilia. I progetti per l’accoglienza dei migranti in Puglia. L’efficientamento energetico in Friuli Venezia Giulia. I lavori privati spacciati per pubblici nelle Marche, i 640mila euro di frode già contestati in Veneto. Abbiamo appena cominciato, eppure dagli “allarmi” (dell’Anticorruzione, dei procuratori antimafia, delle forze di Polizia) si è già passati ai fatti: Next generation Eu, il maxi piano da 750 miliardi nato per risollevare l’Europa dalla crisi pandemica, è già diventato la preda principale per truffatori, facilitatori e criminalità organizzata. L’inchiesta di Venezia è, infatti, per il momento la più importante fin qui realizzata ma certamente non sarà l’ultima. A documentarlo è proprio la Procura europea (l’Eppo) che si occupa di tutti i reati ai danni dell’Unione che nelle scorse settimane ha pubblicato un dossier con numeri inquietanti per il nostro Paese.

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In Italia l’86% delle inchieste aperte

Al 31 dicembre 2023 la Procura aveva infatti avviato 206 inchieste sul Pnrr delle quali 179, l’86 per cento, sono in Italia. Un dato che da un lato va certo messo in relazione con la circostanza che l’Italia è comunque il primo Paese a beneficiare dei fondi del Recovery (194,4 miliardi). Ma che, a maggior ragione, non può che allarmare per il futuro. La partenza non è stata assolutamente delle migliori. «E il numero delle frodi – spiega la Procura europea – non può che aumentare nel contesto dell’attuazione accelerata dei finanziamenti Next generation Eu, tanto più che dall’anno scorso è emerso come i gruppi della criminalità organizzata siano coinvolti in questo tipo di attività fraudolente legate ai progetti dei Piani nazionali di ripresa e resilienza».

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Due fascicoli delicati: il tema dei rapporti con la politica

I fascicoli sono diversi e sparsi in tutta Italia. Il valore complessivo degli affari già in fase avanzata di inchiesta supera il mezzo miliardo ma le questioni più delicate sarebbero appena partite. A Repubblica risulta che ci siano almeno due indagini particolarmente problematiche perché testimonierebbero un rapporto di contiguità tra gli enti appaltatori e le società che hanno preso gli incarichi. Che significa? Spiega una fonte che sta lavorando ad alcuni dossier: «Che, forse anche per rispettare i tempi, che nel caso del Pnrr sono strettissimi, pena la perdita dei fondi, a proporre le infrastrutture da realizzare sono state alcune grandi aziende con i progetti già pronti. Parliamo di opere particolarmente importanti con notevoli ripercussioni sui piani occupazionali. Qualcosa che piace molto alla politica».

Record anche per i fondi sotto indagine: in Italia 6 miliardi su 12

Qualcosa di più si capirà nei prossimi mesi. Intanto restano però sul tavolo i numeri, che sono impietosi. E se da un lato certificano in qualche maniera l’efficacia dei controlli italiani («le potenziali truffe si scoprono perché evidentemente ci sono gli strumenti per scovarle» dicono, non senza una ragione, gli investigatori), dall’altro documentano come il problema dell’assalto ai fondi europei riguardi principalmente l’Italia. È il nostro Paese che ha infatti il record assoluto di fondi sotto indagine: sui 12 miliardi oggetto di inchiesta in tutta Europa, ben sei sono in Italia. Il triplo di quelli del 2022 con un record negativo principalmente per le truffe sull’Iva, ma i settori finiti sotto la lente dei giudici sono diverse. Complessivamente i fascicoli aperti sull’Italia sono 618 su 1927, poco meno di uno su tre. Centotrenta riguardano indagini di criminalità organizzata, 42 invece i casi di presunta corruzione.

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