“Via Poma, un mistero italiano”: da giovedì la prima puntata del documentario sull’omicidio di Simonetta Cesaroni

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Il delitto di via Poma ha avuto tanti inizi ma ancora nessuna fine. Comincia tutto come un normale caso di cronaca nera. Il 7 agosto 1990 una ventenne romana, Simonetta Cesaroni, viene uccisa con 29 coltellate nell’ufficio degli Ostelli della gioventù dove lavora come contabile. Ufficio che si trovava proprio in via Poma, nel centro di Roma. In pochi giorni però la vicenda monta a dismisura diventando, ancora oggi, uno dei gialli più seguiti nel nostro Paese. Il perché è semplice: in questi 32 anni il delitto di Simonetta ha racchiuso in sé piste sbagliate, errori nelle indagini, un lungo processo in tre gradi di giudizio e chiari depistaggi. 

Quello di via Poma è diventato così un mistero, anzi un mistero italiano. Ed è proprio questo il titolo scelto da Giacomo Galanti e Leonardo Meuti per il documentario in quattro puntate prodotto da GediVisual che verrà distribuito sulle testate del gruppo Gedi. Domani la prima, e poi ogni giovedì fino all’ultima prevista per il 4 agosto.

L’idea del documentario è nata subito dopo la riapertura del caso da parte della Procura di Roma – su esposto della famiglia Cesaroni – e l’intenzione del Parlamento di istituire una commissione d’inchiesta. Nonostante su via Poma tanto sia stato scritto e raccontato in tv, troppi elementi rimangono ancora oscuri e poco conosciuti. Elementi che hanno contribuito in maniera decisiva a nascondere ancora oggi la verità.

Nelle quattro puntate di “Via Poma, un mistero italiano” si cerca così di scavare dietro le quinte del caso e capire cosa sia andato storto in questi 32 anni di inchieste. Perché quasi tutti sanno che ci sono stati tre grandi sospettati per l’omicidio di Simonetta, risultati poi innocenti. Subito il portiere del palazzo, Pietrino Vanacore. Poi il giovane Federico Valle e, 20 anni dopo il fatto, l’ex fidanzato della vittima, Raniero Busco. Ma in pochi conoscono il muro di gomma fatto di bugie, mezze verità e depistaggi eretto intorno a quel palazzo e a quell’ufficio per impedire di conoscere quel che è successo davvero il 7 agosto 1990.

Gli autori sono tornati sul luogo del delitto, in via Poma, e nel quartiere Tuscolano doveva viveva Simonetta. E hanno cercato di ricostruire la vicenda attraverso interviste ad alcuni protagonisti del caso. Molti però mancano all’appello. Alcuni perché sono morti, altri perché non vogliono parlare. Dopo 32 anni il delitto di via Poma fa ancora paura.

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