Murgia, in eredità anche un debito col fisco. Il figlio: non c’è stato tempo, ci pensiamo noi

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ROMA — Ora si capiscono molte cose sulla fretta che aveva Michela Murgia di mettere nero su bianco le sue volontà finali. Il tempo si era messo a correre veloce e lei voleva sistemare tutto, non lasciare nulla in sospeso. Sapeva di avere dei debiti e questo la preoccupava. Ha pensato allora di scrivere un testamento olografo per dare indicazioni su come procedere.

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Di quanti soldi si trattava? Non cifre mastodontiche. Alessandro Giammei, uno dei “figli d’anima” di Murgia, sceglie di parlare con Repubblica per evitare speculazioni inutili: «L’idea che Michela Murgia avesse dei contenziosi o addirittura delle sfide con lo Stato e con il fisco mi sembra una grande esagerazione. La situazione è più banale. Michela come tutti sanno è stata molto male negli ultimi due anni e ha dovuto sostenere spese importanti sia per la sua situazione medica sia perché ha voluto comprare una casa stabile a Roma invece di continuare a stare in affitto. L’unica altra casa che Murgia ha posseduto è a Cabras, una piccola casa che però aveva dato alla mamma, Costanza Marongiu, che ne aveva bisogno, ed è lei che ci continua ad abitare e ne ha l’usufrutto».

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A Giammei, dice il testamento,quest’abitazione andrà in nuda proprietà solo dopo la scomparsa della madre in modo che possa essere venduta e «la liquidità venga usata per soddisfare ogni esigenza che potrebbe emergere dopo la mia morte, con particolare riferimento a situazioni debitorie». Stando infatti a un articolo de La Verità, sulla casa sarda graverebbe un debito di 47.399 euro. A questa cifra si aggiungerebbero passivi da vari tributi non versati in qualità di datore di lavoro della Isolanet, impresa di servizi connessi alla tecnologia informatica, e alcune multe, tra gli 80 e i 150 euro.

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Giammei rivela a Repubblica che gli eredi faranno il possibile: «Noi eredi abbiamo accettato l’eredità di Michela Murgia. Che tra le altre cose, si compone anche dell’onere di risolvere banali situazioni debitorie. Quel che spezza il cuore è che sono situazioni che Michela avrebbe risolto benissimo da sola se fosse stata bene: aveva un piano con la sua commercialista. Credo abbia sofferto nel rendersi conto che non ci sarebbe stato il tempo e nel sapere che avrebbe dovuto chiedere a noi questo aiuto burocratico finale».

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Sono tante le cose che Giammei, docente a Yale, al quale per testamento è andata la curatela dell’opera inedita di Murgia, ci tiene a precisare. Non parliamo certo di grandi somme: «Michela non aveva un impero immobiliare. Nella sua vita ha avuto occasioni di arricchirsi ma non le ha mai cavalcate. Ha reinvestito quel che ha guadagnato dai suoi libri, anche per la sua campagna elettorale in Sardegna. Non è una persona che ha accumulato, ha avuto un rapporto molto poco avido con i soldi».

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Ultima cosa, la più importante: «Come si capisce dal testamento, la sua paura era quella di non avere tempo per sanare i debiti. Alcuni, tra l’altro, sono contravvenzioni già stralciate che risalgono al periodo del suo primo tumore. Per questo ha lasciato mandato a noi, suoi eredi (la queer family, ndr) di risolvere queste situazioni. E noi lo stiamo facendo. Sono cose normali, purtroppo, che restano quando una persona sta molto male ed è in una situazione poco serena».

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