Inchiesta sulla Giorgio Armani operations, sicurezza a rischio e sfruttamento nei laboratori occulti delle griffe

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Dalle attrezzature erano stati rimossi i dispositivi di sicurezza per impedire che gli operai rimanessero impigliati o rischiassero “schiacciamenti degli arti superiori”. Sulla fustellatrice era stato manomesso il dispositivo di spegnimento d’emergenza. Gli estintori erano senza revisione, il rischio di incendi e scoppi era alto perché i “contenitori di sostanze chimiche e infiammabili” erano tranquillamente riposti vicino agli scatoloni di carta. E la manodopera – sotto gli occhi degli impianti di videosorveglianza irregolari – viveva e dormiva in capannoni dove rischiava di respirare veleni. Tutto per creare borse e cinture a tre euro l’ora, abbattendo i costi e massimizzando i guadagni.

Indagine su Giorgio Armani operations: “Agevolato colposamente il caporalato”

Questa era la vita negli opifici gestiti da cittadini cinesi, dove si lavorava per conto di due aziende appaltatrici – Manifatture Lombarde e Minoronzoni – che a loro volta rifornivano “Giorgio Armani operations”, costola societaria del colosso della moda ora affiancata, come deciso dal tribunale di Milano, da un amministratore giudiziario perché “non ha impedito lo sfruttamento lavorativo” agevolando “colposamente” il caporalato.

Il lavoratore cinese: “Lavoravamo per molti brand. Quel giorno in cui ci nascondemmo al buio”

Dalle parole di un lavoratore cinese, agli atti, si capisce quanto il ricorso a questo tipo di manodopera fosse diffuso. “La Minoronzoni ha i contratti di appalto per la produzione delle cinture e dei prodotti con i più grandi marchi della moda£, racconta agli investigatori, elencando quasi una ventina di brand. Ma la ditta che ha l’appalto non può far risultare alle case di moda che la produzione è a sua volta delegata a qualcun altro. Così il protagonista del racconto rivela un aneddoto di qualche anno fa: “Mi trovavo presso la Minoronzoni a Bergamo quando venne un’impiegata che fece nascondere me e altri tre o quattro imprenditori cinesi in un angolo dell’ufficio, a luci spente e chiusi da un separè, perché quel giorno si presentarono degli agenti di controllo qualità di un marchio molto importante. Rimanemmo circa un’ora nascosti al buio, ci fecero uscire solo quando gli agenti di controllo erano andati via”.

“Un campanello d’allarme”: così le indagini sulla moda potrebbero allargarsi

Non è un caso che i giudici Paola Pendino, Maria Gaetana Rispoli e Giulia Cucciniello, nel citare l’inchiesta dei pm, parlino di “carenze organizzative” e di “mancati controlli” da parte dei “grandi marchi” della moda rispetto a dove e come vengono realizzati i tesori da centinaia o migliaia di euro poi esposti in vetrina. Così come sottolineano che “la vicenda fotografata dalle indagini è in verità un campanello di allarme, colto anche dal presidente del tribunale di Milano Fabio Roia che infatti segnala la necessità di un “tavolo” sul settore della moda, come già avvenuto per la logistica. Perché a giudicare dalle carte dell’indagine seguita dai pm Luisa Baima Bollone e Paolo Storari, e dopo la seconda griffe sotto inchiesta in quattro mesi (a gennaio era toccata alla Alviero Martini Spa), la sensazione è che non sia finita qui.

Alessandro Budel, l’ex calciatore a capo di un’azienda coinvolta

Giorgio Armani operations si appoggiava dunque a due aziende che a loro volta subappaltavano. Una di queste era la Manifatture Lombarde, il cui amministratore delegato è Alessandro Budel, già calciatore e allenatore, poi commentatore sportivo in tv. Non è indagato, come non lo sono i dipendenti e i vertici del gruppo del lusso. L’azienda che guida, secondo l’inchiesta, pur incaricata di produrre accessori e borse per Armani, “non ha un reparto produzione”. A fabbricare ci pensavano gli operai degli opifici, sfruttati e pagati in nero, come ricostruito dai magistrati.

L’amministratore giudiziario e i trenta giorni per cambiare

Entro 30 giorni l’amministratore giudiziario Piero Antonio Capitini dovrà fornire ai giudici una relazione su Giorgio Armani operations per elencare, nell’immediato, “le iniziative attuate dalla società a seguito del provvedimento di prevenzione”, che in teoria durerà un anno.

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