Tesla, l’incidente mortale e la guida autonoma. Ecco (forse) la prima vittima del software al volante

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MILANO – Una “prima” tragica nella storia dell’evoluzione tecnologica dell’automotive. Rimbalza dal Colorado dove, nel 2022, un dipendente di Tesla – per altro un entusiasta di Elon Musk – morì a seguito di un incidente dovuto alla guida autonoma della casa elettrica. Hans von Ohain, 33 anni al momento del decesso, è rimasto vittima di una sbandata in una strada di campagna. Le prime indicazioni avevano rubricato il caso come una “guida in stato d’ebbrezza”, perché il giovane padre ed ex Marine era reduce da una serata in un golf club con gli amici. Ma poi l’indagine è stata riaperta, per passare probabilmente alla storia come il primo caso di morte dovuta al software di guida autonoma.

La vedova von Ohain ha sintetizzato al Washington Post il senso delle cose: “Musk ha venduto un falso senso di sicurezza. A prescindere da quanto Hans fosse ubriaco, Musk ha preteso che la macchina potesse guidarsi da sola, meglio di un umano”. Ma pare che non sia andata così.

Il Full-self-driving della Tesla è stato presentato al mondo come una soluzione agli incidenti stradali. Con alcune cautele, ricorda il Daily Mail: continua ad apprendere come comportarsi su strada e per questo le mani non vanno mai staccate dal volante.

Quella sera del 16 maggio 2022 affianco ad Hans c’era Erik Rossiter, sopravvissuto, che ha raccontato come già in precedenza l’auto si fosse comportata in modo bizzarro, obbligando il guidatore a intervenire sul volante per correggere le traiettorie impostate in automatico. Lo stesso von Ohain avrebbe minimizzato: “Succede, ogni tanto”. Poche ore dopo però quelle bizzarrie lo hanno portato contro un albero, dal cui impatto si è scatenato il fuoco mortale che ha avvolto la Model 3.

Secondo le deposizioni del testimone diretto, il Full-self-driving era attivato. A differenza di altre forme di guida autonoma, questa modalità dovrebbe esser in grado di condurre la macchina in automatico dall’inizio alla fine del tragitto e non soltanto in alcune particolari situazioni di guida, ad esempio in autostrada.

Il fatto che l’alcol nel sangue di Hans (0,26) fosse più volte oltre il limite è stato accertato. Ma le deposizioni della vedova hanno detto anche altro: che si fidava ciecamente del sistema di auto-guida, che lo usava per ogni spostamento in modo da alimentare la raccolta di dati dell’azienda, che – a differenza della donna – aveva una totale fiducia tanto da lasciarsi guidare anche in presenza del figlio piccolo a bordo.

Un entusiasmo verso un sistema tecnologico che ora – secondo gli investigatori – potrebbe esser ritenuto in parte responsabile della sua morte. A presiedere le indagini c’è la polizia di Stato del Colorado con il sergente Robert Madden, secondo il quale l’incendio così violento (e con ogni probabilità fatale, a differenza dell’impatto) si deve alle batterie al litio della vettura.

Ma perché si è arrivati all’impatto? Dai segni degli pneumatici su strada sembra non ci siano state manovre improvvise e tentativi di frenata. Sembra piuttosto che il motore abbia continuato a far girare le ruote, dopo l’impatto contro l’albero. Tracce di una intelligenza artificiale impazzita. Prove del fatto che la guida autonoma era al comando del veicolo.

Resta difficile accertare questa tesi, perché i dati del veicolo si sono persi con il rogo e non sono stati trasmessi in automatico alla Tesla, probabilmente per la zona fuori campo in cui è avvenuto il tutto. Il caso si è chiuso senza una veritià definitiva, dunque, ma con pesanti indizi.

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