Bar e ristoranti, il 70% delle attività fallisce in 5 anni. “Oggi è il tempo dei cuochi-manager”

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“Nel 2019 le aziende competevano per assicurarsi le migliori locations. Ora, invece, si contendono il personale”. Sta tutta qui, nella battuta che Cristian Biasoni (amministratore delegato di Chef Express) lancia sul palco di Repubblica delle Idee, una delle grandi questioni che attanagliano la ristorazione italiana. Un settore che ha pagato un dazio elevatissimo al periodo pandemico, tanto da perdere 250mila occupati nel solo 2020. E che tutt’ora fatica a stabilizzarsi.  

“Il turnover post Covid è altissimo” riprende infatti Biasoni, ad della società di ristorazione del Gruppo Cremonini (una realtà da 700 milioni di fatturato previsto nel 2023). “Il tema del lavoro per noi è cruciale. Il nostro è un settore estremamente difficile”, che spesso e volentieri viene considerato di passaggio dai giovani. “Ma è anche un settore caratterizzato da grande passione e che si innesta in una filiera agroalimentare e turistica che rappresenta il 25% del Pil Italiano”.

I numeri li snocciola Roberto Calugi, direttore generale Fipe-Confcommercio: “La ristorazione in questo paese è composta da 330mila attività che danno lavoro a un milione e 200mila persone. Di queste, più della metà sono donne. Questo è uno dei pochi settori dove si può ancora avere la possibilità di usufruire del famoso ascensore sociale: diversi tra i presidenti vicepresidenti hanno iniziato con lavori molto utili, qualcuno addirittura nel retrobottega, per poi riuscire a costruire dei piccoli imperi”.

Ristorazione, Biasoni (Chef Express): “Il settore è in crisi, per trovare le risorse bisogna dare speranze e prospettive”

Affinché questo continui ad avvenire, però, ai giovani “dobbiamo dare percorsi di crescita chiari, una visione di cosa possano diventare nel futuro”, riprende Biasoni. Le aziende in questo senso devono fare la loro parte, ma non può di certo essere l’unica soluzione. “Il personale pesa per oltre il 30% delle spese. Quello della ristorazione è un settore che deve essere aiutato”. Come? “Defiscalizzando e supportando il lavoro festivo”.

Il dibattito, condotto da Walter Galbiati, si è concentrato anche sulla carenza di cultura manageriale. “Sapete quante attività della ristorazione falliscono nei primi 5 anni? Quasi il 70%. Perché? Perché si parte sempre da una formazione di tipo tecnico, che è ovviamente una condizione necessaria per fare bene da mangiare, ma non è sufficiente – ha spiegato Calugi – Devi avere competenze di relazioni con il sistema bancario, con il sistema fiscale, con le amministrazioni pubbliche. È un’attività complessa, una delle cose più difficili che si possono fare. Quindi proviamo a rivedere la normativa che regola il settore e facciamo che la formazione non sia esclusivamente tecnica, ma anche manageriale”. Un ragionamento espresso anche dallo stesso Biasoni: “Tutti pensano che aprire un ristorante sia facile e invece è un mestiere complicato. Il problema non è saper cucinare: o hai delle capacità manageriali, o ti schianti. La formazione è fondamentale, ma abbiamo bisogno di supporto: tutto il mondo della formazione va finanziato e rinforzato”.

Sul finale è intervenuto anche il noto chef e conduttore televisivo Roberto Valbuzzi: “Ognuno di noi ha bisogno di raccontare il territorio andando a raccogliere anche le micro-eccellenze: al netto dei soliti piatti della tradizione, dobbiamo raccontare anche tutto il resto. Non possiamo fermarci solo alla cacio e pepe, dobbiamo raccontare ad esempio anche il pecorino particolare o lo zafferano particolare”. Vale a dire, narrare “tutto lo sviluppo degli ultimi trent’anni della cucina italiana”.

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