Il match Letta-Salvini su Europa e pandemia: “La Lega entri nel Ppe”

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ROMA – Uno, il segretario del Pd, si sente un po’ a casa sua, a parlare di temi a lui congeniali: “Il mondo al tempo del Covid, l’ora dell’Europa?”, è il titolo del rapporto annuale dell’Ispi al centro del dibattito in streaming con Emma Bonino e il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, moderato dal presidente Giampiero Massolo. L’altro, il leader della Lega, sembra più a disagio, si agita sulla sedia accanto al tricolore, toccato sul vivo della repentina folgorazione sulla via di Bruxelles: “Una buona notizia”, lo provoca l’avversario. Ma “europeismo e sovranismo possono andare di pari passo, coniugando il pragmatismo alla Draghi”, sbotta lo sfidante, che a passare per rinnegato proprio non ci tiene.

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È la prima volta che Enrico Letta e Matteo Salvini incrociano le lame, ancorché su piazza virtuale. All’inizio vanno giù di fioretto, chiamandosi per cognome, senza mai darsi del tu: staranno pure nello stesso esecutivo, “costretti a trovare dei punti di contatto”, ma non sono amici ed è bene mantenere le distanze. Al secondo giro sfoderano le sciabole, rivendicando un europeismo che per il democratico è del tutto naturale, per il leghista così forzato che la fatica gliela si legge in faccia.

Letta: “Io sovranista europeo, contento se Lega si avvicinasse a Ppe”. Salvini: “Nessuno può dare patenti di democrazia”

“Con Salvini siamo nella stessa maggioranza e con il governo Draghi dobbiamo vincere due partite” esordisce Letta: “Rendere permanente il Next Generation Eu e cambiare il patto di stabilità affinché diventi a un patto di sostenibilità, sociale e ambientale. Se riusciremo a farlo, avremo messo in sicurezza il Paese per i prossimi venti anni”. Un abbraccio a cui però “l’alleato” si sottrae: “Qui la questione non è se serve più o meno Europa, ma quale Europa”, si barcamena il lumbàrd. “La pandemia ci ha insegnato che su alcuni temi come salute, politica estera, difesa e controlli dei flussi migratori ne serve di più. Delegando invece ai popoli alcune scelte nazionali di vita quotidiana, tipo Bolkestein e Nutriscore. Cooperare non dev’essere un fine ma il mezzo per arrivare a una soluzione”.

È il tentativo di tenere insieme il diavolo e l’acqua santa in cui Letta si infila per smascherarne le contraddizioni. “Io sono tra quelli contenti per l’evoluzione della Lega e prima dei 5Stelle sulla vicenda europea”, punzecchia il leader del Pd. “Oggi sostengono il governo Draghi, probabilmente il più europeista di sempre, e questo governo può ottenere risultati importanti, perciò preferisco non aprire polemiche”, incalza. “Noi siamo europeisti coerenti”, ma “io non mi metto a sindacare sul cambiamento della Lega, avvenuto in così poco tempo. Se Salvini dice sì all’Europa della salute e al superamento dei veti in politica estera, io prendo il positivo di tale cambiamento”. Anche perché “io vorrei togliere dal Pd i panni della protezione civile: siccome gli altri sono antieuropei e fanno uscire l’Italia dall’Europa, come rischiava di accadere nel 2018, per forza dobbiamo andare al governo. Io voglio un partito che si candida alle elezioni e se perde va all’opposizione. Perciò, se Salvini si avvicinasse al Ppe sarei contento, per l’Italia sarebbe una buona notizia”.

Covid

Rapporto Ispi sull’Ue, Letta: “Io, sovranista europeo, spero Lega in Ppe”. Salvini replica: “No patenti di democrazia”

Parole che alle orecchie dello sfidante suonano come una provocazione. “Far parte di un governo così ampio ci costringe a sottolineare ciò che ci unisce, ma penso che nessuno sia legittimato a dare patenti di democrazia”, sbotta. “L’Unione è nata su basi fallaci, se vogliamo far finta di niente e dire che la speranza del mondo è che la Lega entri nel Ppe non fa un buon servizio”, conclude Salvini, respingendo le critiche contro il premier ungherese e polacco, suoi storici alleati.

Per Letta, che al mattino aveva incontrato il coordinatore di Fi Antonio Tajani, registrando consonanza su sostegno a Draghi e riforme istituzionali, è una vittoria già così. “Mi dichiaro anch’io sovranista, ma sovranista europeo”, si scioglie in un sorriso. “È l’unico modo che abbiamo per giocarcela con le superpotenze”. E costringere all’angolo tutti i nazionalisti.

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