Omaggio a Borsellino: blitz solitario di Meloni a Palermo. Schlein sceglie la piazza

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PALERMO – Via D’Amelio, ore 10. Gruppetti di ragazzi, magliette antimafia e shorts, si aggirano per la strada dove il 19 luglio ‘92 scoppiarono 90 chili di esplosivo al plastico. Aspettano lei, che non verrà. Lei, Giorgia Meloni. Che ha la fiamma nel cuore, ma non la fiaccolata (antimafia) negli occhi. Colpa della grancassa che si sente pure, forse soprattutto, nell’isola: la scivolata del Guardasigilli Carlo Nordio, che ha messo in dubbio il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, prima di ingranare la retro.

La premier atterra a Palermo, per commemorare Paolo Borsellino, ma stavolta è una toccata e fuga. A prova di contestazioni. Niente via D’Amelio, nemmeno una puntata mattutina, come qualcuno ipotizza dopo l’alba. Niente fiaccolata, quella tradizionale della destra. Niente messa con l’arcivescovo, niente popolo. Visita lampo. Minimal, iper-blindata. “La scelta più istituzionale”, dice lei davanti alla selva di telecamere e taccuini che l’aspettano nel cortile di villa Whitaker, la Prefettura, mentre era già arrivato il messaggio del presidente Sergio Mattarella: “La Repubblica si inchina alla memoria di Paolo Borsellino” e dei cinque agenti della sua scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’esempio di Borsellino e di Giovanni Falcone, dice il capo dello Stato, “ci invita a vincere l’indifferenza, a combattere le zone grigie della complicità”.

Meloni, al contrario di Elly Schlein, che arriva intorno a mezzogiorno e si mescola al corteo pomeridiano di Salvatore Borsellino, agende rosse, Cgil e sinistra varia, fa solo tre tappe. Quelle d’obbligo. Caserma Lungaro (con gli accrediti dei cronisti disdetti), al reparto scorte della polizia; al cimitero di Santa Maria di Gesù, per rendere omaggio alla tomba della famiglia Borsellino, dove incontra il figlio poliziotto del giudice, Manfredi, che le regala un ritratto del padre; alla basilica di San Domenico, dov’è sepolto Giovanni Falcone e lascia una corona (firmata “IL Presidente del Consiglio”), prima di incontrare la sorella Maria. Poi fila in Prefettura, col ministro Piantedosi e i vertici delle forze dell’ordine. Comitato per la sicurezza, dichiarazioni a seguire. 

Tanti sassolini fuori dalle scarpe. Contro i giornalisti: “Ho letto notizie inventate, che non partecipo alla fiaccolata per paura di contestazioni. Ma contestazioni di chi? Se qualcuno vuole venire a contestare sono i mafiosi”. Anche se sulle parole di Nordio si erano fatti sentire i parenti delle vittime delle stragi, tanto che il fratello dell’agente di scorta Traina, Luciano, non si è fatto vedere in caserma: “Non vado alle passerelle”. “Ma non sono mai scappata, qui a testa alta”, è la linea Meloni. Il forfait alla fiaccolata? “Ho un impegno a Civitavecchia”.

La premier, dalla Sicilia, vuole soprattutto rimarcare la distanza dal ministro della Giustizia. “Polemiche pretestuose”, che “non aiutano le istituzioni”, è la premessa. Però, aggiunge, “Nordio è un magistrato, dovrebbe essere più ‘politico’, non contano le opinioni ma i fatti, il programma di governo”. E dunque, altra strigliata, “le cose che si vogliono fare si fanno, del resto si può evitare di parlare. Non ci sarà un’iniziativa sul concorso esterno”. E la lettera di Marina Berlusconi contro i pm? “Marina Berlusconi non è un soggetto politico, con tutto il rispetto”, glissa ma neanche troppo.

Schlein, al contrario, arriva a via D’Amelio, e si mescola subito. Vede l’associazione che riunisce i poliziotti delle scorte, un’altra che organizza laboratori antimafia nelle scuole elementari, riunisce mezzo Pd siciliano e dopo un pranzo a base di caponata, appare al corteo di Salvatore Borsellino. Lega, la segretaria del Pd, “la lotta alle mafie alla giustizia sociale”, riecco il salario minimo: “Solo così si sottrae terreno alla ricattabilità su cui le mafie scommettono e si riesce a non lasciare sole le persone più fragili”. Per il resto, grandi dribbling sulle polemiche, “siamo qui per commemorare Borsellino”.

Ci pensa il fratello del magistrato, Salvatore appunto, a biasimare Meloni: “La premier ha avuto paura di venire qui, anche se finora le manganellate le abbiamo prese noi. Come concilia Meloni mio fratello con Nordio?”. E ancora: “Potrò seppellire Paolo solo quando potrò mettergli tra le mani la sua agenda rossa”. Vigliacco, dice dal palco Giovanni Paparcuri, l’autista di Rocco Chinnici, scampato alla strage del 1983, “è chi non viene a via D’Amelio”. Dove a sera si raduna la destra, per la fiaccolata tradizionale con i giovani di FdI a fare servizio d’ordine in pettorina. Ci sono Donzelli, Delmastro, Colosimo e Abodi. Senza Meloni.

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